Il glifosato è un erbicida non selettivo che uccide qualunque tipo di pianta.
Fu brevettato nel 1970 da Monsanto con il nome di Roundup. E’ l’erbicida più usato al mondo con un consumo di oltre 1 milione di tonnellate l’anno e con un fatturato di una decina di miliardi di dollari. Il brevetto è scaduto nel 2001 ma la Monsanto, oggi Bayer, resta il principale produttore.
Su tale sostanza è in corso una battaglia mortale. Perché tanto rumore per un disinfestante?
Perché il glifosato non è solo un erbicida ma è anche il cavallo di troia per l’introduzione delle colture geneticamente modificate nel mondo, le famose OGM.
Subito dopo che, nel 1994, l’Organizzazione Mondiale per il Commercio (WTO) permise alle aziende private di brevettare piante e altre forme di vita, Monsanto mise sul mercato i suoi semi di soia geneticamente modificati in grado di resistere al glifosato. Si risolveva così Il problema delle ‘erbacce’ perché usando il Roundup come diserbante l’unica coltura che gli poteva sopravvivere era quella geneticamente modificata, con conseguente aumento delle rese per ettaro.
Il consumo di glifosato esplose insieme a quello della soia OGM. Lo sviluppo delle culture OGM non si fermò alla sola soia ma coinvolse riso, grano, mais, barbabietole, pomodori, etc. Ad oggi dovrebbero essere circa 30 le colture OGM commerciali.
Oltre agli Stati Uniti, la soia OGM (detta Roundup Ready) si diffuse immediatamente in Argentina e poi in Brasile. Nel 2006 USA, Argentina e Brasile producevano già l’81% della produzione mondiale di soia, tutta OGM. Oggi la soia è geneticamente modificata al 94% del totale mondiale e il mais al 92%.
Il che significa che ogni animale allevato al mondo mangia, da allora, solo cibo transgenico saturo di glifosato.
Stupisce il totale silenzio di molti ambientalisti, e dei gretini in particolare, su un punto che non dovrebbe essere poi così marginale.
L’Argentina subì una totale trasformazione del proprio settore agricolo, che divenne una monocultura di soia geneticamente modificata costretta a usare sementi e diserbanti della Monsanto. Dopo anni di uso del Roundup, sul suo terreno non cresce più nulla se non le colture OGM resistenti al glifosato.
Gli allevamenti di bovini si dimezzarono dal 1998 al 2003 perché molta soia era avviata all’esportazione. I bovini residui, che prima giravano per i campi producendo la famosa carne argentina, furono allevati in fattorie industriali e i tradizionali campi di cereali, lenticchie, fagioli, piselli scomparvero.
Nel 2004 il 48% dei terreni agricoli del paese era già dedicato alla coltivazione della soia, al 90% Roundup Ready della Monsanto.
L’Argentina si era trasformata nel più grande laboratorio di OGM del mondo.
Negli anni ‘70 la popolazione argentina aveva un tasso di povertà del 5%, nel 1998 salì al 30% e nel 2001 al 51%. La malnutrizione, che prima non esisteva, coinvolse 37 milioni di persone. La soia per animali non era infatti in grado di sfamare la popolazione, non solo perché destinata ai mangimi ma anche perché in gran parte esportata, con ricavi che si intascavano le multinazionali. Più di 200.000 agricoltori abbandonarono i campi e si trasferirono nei ghetti delle città.
E, ciliegina sulla torta, l’uso del Roundup distruggeva, nei campi limitrofi, tutte le verdure non geneticamente modificate con danni enormi.
Al di là del collasso economico che il paese subì distruggendo la sua agricoltura e il suo allevamento, il nodo strategico fu subito chiaro: se, per qualunque motivo, la Monsanto non avesse fornito più soia OGM e glifosato all’Argentina cosa sarebbe successo?
La produzione agricola dell’Argentina si sarebbe azzerata e non ci sarebbe stato modo di salvare la sua economia, il suo bestiame e, forse, neppure i suoi abitanti.
Dietro la battaglia sul glifosato, non c’è quindi una normale guerra commerciale, ma c’è il controllo della produzione agricola mondiale e il potere che ne consegue. Come disse Kissinger a metà degli anni ‘70: ‘Controllate il petrolio e controllerete le nazioni, controllate il cibo e controllerete i popoli’.
Alla fine degli anni ‘90 il futuro sembrava segnato: trionfante sviluppo delle culture OGM, maggiori rese per ettaro ma pagando il ‘prezzo della schiavitù’ alle multinazionali dell’agribusiness.
Il glifosato non veniva usato solo come erbicida ma anche prima della semina, per sterilizzare il terreno, e, in alcuni casi, dopo la raccolta per disseccare il prodotto e impedirne la germinazione (come nel caso del grano). Il suo campo di applicazione era quindi molto vasto.
L’unico soggetto che oppose una resistenza, anche se timida, fu l’Europa. Le multinazionali agrochimiche erano tutte americane e gli agricoltori europei, soprattutto i francesi, restavano un lobby efficace.
Anche l’Italia impose una serie di pesanti limitazioni all’uso del glifosato.
Ma, con le percentuali di prodotti OGM destinati ai mangimi viste sopra, non c’è da stupirsi se il glifosato sia ormai ubiquitario. La stessa pasta di grano italiano non ne è immune. Sono state fatte analisi sulla pasta prodotta con grano duro italiano con risultati allarmanti. In Italia l’uso del glifosato per la coltivazione del grano duro è proibito, ma dobbiamo importare la metà del grano di cui abbiamo bisogno, soprattutto dal Canada, (34-40%, tutto OGM), dalla Francia, USA e Kazakistan (10% ciascuno parzialmente OGM). L’importazione di prodotti OGM infatti è permessa in Italia.
Nonostante i possibile danni di immagine che ne sarebbero potuti derivare, la Coldiretti ha avuto un ruolo di primo piano nella battaglia contro il glifosato.
Il ‘Salvagente’ ha effettuate analisi sulla pasta nostrana da cui risulta che, anche quella dichiarata fatta con grano italiano, è pesantemente contaminata, studio che è stato ripreso anche da Max Laudadio di ‘Striscia la Notizia’.
Il ‘Salvagente’ ha dato un voto complessivo alle varie marche di pasta che tiene conto non solo del glifosato ma anche di altri fattori. Le migliori (fatte tutte con grano italiano privo di glifosato) sono state nell’ordine:
1) De Cecco (sia normale che integrale che bio)
2) Voiello (100% grano aureo)
3) La Molisana (eccetto quella integrale il cui campione era contaminato)
4) Rummo (normale e bio integrale)
5) Alce Nero Bio
6) Coop bio
7) Buitoni
con voti da 8.7 in su.
Usano invece grano estero al glifosato in buona percentuale Barilla, Garofalo, Esselunga, Divella, Coop normale, Granoro.
Da lasciare sugli scaffali, secondo Il Salvagente, Del Verde, Lidl ed Eurospin che, in effetti, sono le più economiche.
Ma anche prodotti apparentemente insospettabili, come il Prosecco, contengono notevoli quantità di glifosato perché usato come diserbante nelle vigne. Di recente, aprile 2019 Il Consorzio del Prosecco Docg ne ha però vietato l’uso.
Ma, insomma, il glifosato fa male o no?
Nel marzo 2019, uno studio realizzato dal Centro di ricerca sul cancro “Cesare Maltoni” dell’Istituto Ramazzini di Bologna, uno dei maggiori centri di ricerca realmente indipendenti al mondo (pubblicato sulla rivista scientifica Environmental Health), ha mostrato che l’esposizione a erbicidi a base di glifosato ha causato diversi danni allo sviluppo e al sistema riproduttivo di ratti, sia maschi sia femmine, esposti a dosi attualmente considerate sicure per l’uomo negli USA (1.75 mg/Kg/die).
In particolare, l’esposizione al glifosato è stata associata ad alcuni effetti androgeno-simili, incluso un aumento statisticamente significativo della distanza ano-genitale, sia nei maschi sia nelle femmine, oltre a un ritardo nel primo mestruo e a un aumento del testosterone nelle femmine.
I primi risultati della fase pilota dello studio erano stati presentati presso il Parlamento Europeo già nel Maggio 2018, mostrando che l’esposizione al glifosato era associata a diversi effetti avversi, inclusa l’alterazione del microbioma dei ratti durante il periodo dello sviluppo, in particolare prima della pubertà.
Attualmente l’Istituto Ramazzini, che riesce a portare avanti queste ricerche con il crownfunding, ha in corso una ricerca sulla cancerogeneità del glifosato che sarà terminata fra tre anni, forse in tempo per la decisione definitiva della Corte Europea alla fine dell’attuale moratoria.
Altri studi (rivista Interdisciplinary Toxicology 2013) hanno affermato che l’apparente aumento del numero dei celiaci non sia in realtà dovuto al glutine ma al glifosato che, in animali di laboratorio, provoca sintomi quasi indistinguibili da quelli della celiachia. Non stiamo diventando tutti celiaci quindi, siamo solo tutti intossicati dal glifosato.
Le prove di tossicità, non solo dell’erbicida ma anche delle colture OGM, sono in realtà infinite e si sono concretizzante in decine di migliaia di cause nel mondo. E’ pur vero che vi sono 800 studi che sostengono che il glifosato non è cancerogeno (il che è solo una parte del problema) ma sono tutti stati finanziati dalla Monsanto quindi valgono poco.
Valgono molto invece le persecuzioni messe in atto dalle intelligence delle multinazionali su quei ricercatori indipendenti che avevano osato, nel passato, mettere in dubbio l’innocuità dei suoi prodotti.
Il primo e più famoso è il caso del prof. Putzsai. Nel 1995 il governo scozzese e il Rowett Institute di Aberdeen decisero di fare uno studio indipendente da 1.5 mil. $ sulle patate OGM che producevano un insetticida naturale. Il capo progetto prof. Pusztai, era convinto di dimostrarne l’assoluta innocuità. Ma le cose andarono male: i topi nutriti con patate OGM non crescevano e la dimensione del loro cervello diminuiva. Putztai affermò in televisione che lui non avrebbe mangiato patate OGM prima che se ne fossero chiariti gli effetti.
Dopo 48 ore fu licenziato insieme a sua moglie. Il Rowett Institute cambiò versione dicendo che Putzsai si era sbagliato. Tale immediato provvedimento era dovuto a una telefonata di Tony Blair, su sollecitazione di Bill Clinton, che minacciò di tagliare i fondi governativi all’Istituto di ricerca. Una sola telefonata della Monsanto a Clinton era stata in grado di distruggere uno dei più rinomati scienziati indipendenti del mondo e annientare l’istituto di ricerca scozzese.
Putzsai riuscì comunque a pubblicare la sua ricerca su Lancet, nonostante il comitato scientifico fosse stato minacciato nientemeno da membri della Royal Society. Anche il coautore del pezzo, Stanley Ewen, fu licenziato dall’Università di Aberdeen.
Altrettanto importante il caso di Gottfried Glockner, agricoltore e allevatore tedesco che, all’inizio degli anni 2000 vide le sue 70 mucche sterminate dal mais OGM della Syngenta. Glockner finì in carcere addirittura per un’accusa di stupro, poi rivelatasi inesistente, e vide il suo studio devastato più volte da finti ladri e i suoi conti correnti bloccati dalla magistratura.
Le multinazionali coinvolte nello sviluppo delle colture OGM erano, negli anni ’90, le seguenti:
-La Monsanto Corporation di Saint Louis (Missouri) la cui strategia era fondere i tre più importanti settori industriali (agricolo, alimentare e sanitario);
– la Pioneer Hi-bred Inc. (Du Pont) con sede a Johstown (Iowa), principale sviluppatrice e fornitrice mondiale di piante geneticamente modificate. Fondata negli anni 30 da Henty Fallace venne acquistata nel 1999 da Dupont;
– la DowAgriSciences, sementi e prodotti agrochimici, con sede a Indianapolis (Dow Chemical) e stabilimenti nel Michigan;
– La svizzera Syngenta, con sede a Basilea, nata dalla fusione di Novartis e AstraZeneca, che possiede la banca dei semi più grande del mondo. Era a controllo britannico.
Oggi la situazione è nettamente cambiata. La DuPont e la DowChemical si sono prima fuse nel 2017 nella DowDuPont, poi, nel 2019, divise in tre società, la Dow, la Dupont, e la Corteva (per l’agricoltura) operanti sempre in USA tra il Delaware e il Michigan, di fatto scorporando l’agricoltura.
Alla fine del 2017 la Syngenta, la cassaforte dei semi mondiali, è stata acquista dalla ChemChina per 43 mld. $ con la più grande acquisizione cinese all’estero di tutti i tempi. China National Chemical Corp controlla, tra l’altro, la Pirelli. Il quartier generale della società è rimasto però in Svizzera, il che chiarisce le ambizioni cinesi di vendere gli OGM in Europa.
E, dulcis in fundo, nel 2019 la Monsanto è stata acquistata dall’europea Bayer per 66 mld. $. Quest’ultima acquisizione merita però un approfondimento.
Intorno al 2015 la leader del settore agrichimico Monsanto cominciò a mostrare qualche difficoltà.
I costi per gli agricoltori americani erano aumentati di 4 volte rispetto agli anni in cui non c’erano OGM ed essi sembravano non reggere più al continuo drenaggio di risorse.
I dubbi sulla resa delle colture transgeniche diventavano sempre più consistenti: dopo 3-4 anni dalla loro introduzione infatti si sviluppavano erbacce resistenti e i rendimenti calavano.
Poi si concretizzavano dubbi sempre più seri sulla tanto sbandierata innocuità del glifosato e degli organismi OGM che portarono a una allarmante crescita delle cause di risarcimento.
La credibilità della Monsanto era notoriamente molto bassa dopo che, negli anni ‘60, aveva difeso a spada tratta il suo defoliante ‘Agente Arancio’ usato in Vietnam (che produceva insieme ad altri) ma che, alla fine, fu bandito per i comprovati effetti letali sia sui vietnamiti che sui militari americani.
E, soprattutto, la diffusione delle colture OGM aveva cominciato a calare (-18% in Europa nel 2015).
Ma, proprio nel 2015, arrivò in soccorso la tedesca Bayer che aprì una lunghissima trattativa per l’acquisizione di Monsanto, durata tre anni, e conclusasi nel giugno 2018 con un’acquisizione del valore di 66 miliardi di €.
Due mesi dopo l’acquisto, nell’agosto 2018, un giudice di San Francisco condannò la Monsanto-Bayer a pagare la bellezza di 289 milioni di $ (poi ridotti a 78) a un giardiniere che aveva sviluppato un linfoma non Hodgkin per causa del glifosato. Monsanto cercò di far valere i suoi 800 studi che asserivano che il glifosato non procurava il cancro ma non servì. A tutt’oggi vi sono oltre 18.000 denunce in sospeso negli USA per la cancerogeneità del glifosato.
Subito dopo la sentenza, la Francia si schierò a favore della proibizione del glifosato (in Europa l’autorizzazione al suo uso, peraltro limitato, era stata posticipata al 2021).
Il titolo Bayer cedette immediatamente l’11% in Borsa e le perdite, oggi ad un anno di distanza, hanno superato il 30%.
In parallelo l’EFSA, l’agenzia europea sulla sicurezza alimentare, assolse il glifosato dal provocare il cancro, sulla base di studi prodotti dalla Monsanto stessa. Ma lo IARC (International agency for research on cancer) istituto dell’OMS (Organizzazione mondiale della sanità) lo classificò tra gli agenti con sufficiente evidenza di cancro negli animali e limitata evidenza nell’uomo.
Nel marzo 2019 scattò un’altra condanna in California con un risarcimento di 80 milioni di dollari.
Nel maggio 2019, un colpo quasi mortale: una giuria della California condannò la Bayer-Monsanto a pagare l’incredibile cifra di 2.05 miliardi di dollari (miliardi, non milioni. Non è un errore di stampa) a una coppia che aveva usato il Roundup per oltre 30 anni e si era ammalata di cancro. Se ognuna delle 18.000 cause pendenti nei tribunali americani portasse a un risarcimento analogo, il costo per Bayer sarebbe di 36.000 mld. $, cioè circa il doppio del PIL degli Stati Uniti!
La terza sconfitta giudiziaria negli USA in un anno, e di una dimensione quasi incredibile.
Ad oggi si aspetta il ricorso della Bayer contro il giardiniere (processo che dovrebbe cominciare all’inizio del 2020) e l’esito della prima causa fuori dalla California che sarà proprio a St. Louis in Missouri, la patria della Monsanto.
L’ultima pugnalata è venuta dall’Europa. L’Austria, a luglio 2019, è stato il primo paese europeo a vietare la sostanza. La Germania ha approvato un piano di progressive restrizioni che porterà alla sua proibizione totale alla fine del 2023. A fine settembre 2019 si è accodato anche il Lussemburgo.
L’Europa è un piccolo mercato, rappresentando solo il 10% delle vendite di glifosato, ma le ripercussioni nel resto del mondo potrebbero essere devastanti visto che Vietnam, Colombia, El Salvador hanno già vietato l’uso del diserbante.
Gli azionisti della Bayer sono ovviamente furiosi: possibile che all’atto dell’acquisto della Monsanto, due mesi prima del disastro, la dirigenza Bayer non sapesse nulla? O magari sapeva tutto e si è fatta, in cambio del raggiro degli azionisti, una bella schiera di ‘villette in Canada’?
E, sullo sfondo, incombe l’inquietante sensazione che Stati Uniti, poteri forti e multinazionali, che avevano imposto al mondo glifosato e OGM per trent’anni, si siano finalmente resi conto della loro indifendibilità.
Dopo aver rifilato la Syngenta ai cinesi per 43 miliardi di $, scorporato la parte agricola della DowDupont, abbandonandola al suo destino e, soprattutto dopo aver venduto la Monsanto ai tedeschi per 66 miliardi di $, l’uscita dall’avventura delle OGM, per gli Stati Uniti, non sarebbe più così drammatica.
Che fine faranno infatti le coltivazioni OGM senza il glifosato, il fattore più importante che ne giustificava l’utilizzo?
Che siano proprio gli americani a segnare la fine delle loro multinazionali che giocavano a essere Dio?
Un testo interessante sulla storia delle OGM è quello di William Engdahl, [1]Agribusiness. Dal controllo del cibo al controllo del mondo. Arianna ed. 2011, anche se un po’ datato e un po’ confusionario.
Chi volesse inquadrare la tematica dal punto di vista della nostra salute può invece consultare Marco Pizzuti, [1]Scelte alimentari non autorizzate. Edizioni il punto d’incontro. 2015.
Per le notizie recenti l’unica fonte in italiano è il Sole 24 ore, perché la censura su tale importante argomento, sia sui quotidiani che in televisione, è quasi totale.