La tabella a fianco non lascia dubbi: gli italiani muoiono per il coronavirus più di tutti al mondo, subito dietro all’Iran. Ma il quesito è mal posto: Non sono infatti tutti gli italiani a morire così tanto ma solo quelli che vivono ‘vicino’ a Codogno, l’epicentro del virus. Perché?
La classifica della letalità del virus tra le varie nazioni è davvero inquietante perché le differenze sono enormi. Possibile che in Italia muoiano il 7,3% dei malati e in Germania lo 0,2%?
Nessuno cerca di trovare una risposta seria a tale quesito. Si sono sentite le scempiaggini più assolute sull’argomento:
a) da noi la popolazione è più anziana (peccato che in Giappone sono più anziani di noi e la letalità è al 2,9% con casi molto inferiori);
b) da noi si fanno molti tamponi mentre gli altri non li fanno (peccato che la Corea del Sud ha fatto il triplo dei tamponi di noi e la sua letalità è allo 0,9%);
c) la nostra sanità è la migliore del mondo per cui siamo gli unici che ce ne accorgiamo (peccato che le pagine mortuarie dell’Eco di Bergamo sono decuplicate in 10 giorni e non ci vuole la migliore sanità per accorgersi che i morti decuplicano: E comunque la ‘sanità migliore del mondo’ ha 5.000 letti in terapia intensiva e la Germania 28.000);
d) gli altri barano e noi no (se anche gli altri paesi avessero i nostri morti se ne accorgerebbero anche i sassi: il nostro problema non sono più i letti in terapia intensiva ma le camere mortuarie e i cimiteri);
e) il virus colpisce solo alcune razze e non altre. etc.
Ma è meglio sorvolare per carità di patria su tali castronerie.
Dire però che gli italiani muoiono molto più degli altri è una verità ma anche un’imprecisione. Nella tabella a fianco si vede che chi muore veramente sono solo le persone ‘vicine’ a Codogno, non gli italiani ‘tout court’.
Il Trentino e la Toscana hanno tassi di letalità simili a quelli coreani. Lo stesso Veneto, uno dei primi focolai, ha una mortalità in linea con quella stimata con l’Organizzazione Mondiale della Sanità del 3%.
I dati di mortalità per provincia sono stati, di fatto, segretati, ma se si potessero avere mostrerebbero che Lodi, Bergamo, Brescia, Cremona ma anche Piacenza (che è in Emilia) hanno letalità superiori al 10%. A Varese, che è anch’esso in Lombardia, sembra di stare in Germania.
La Lombardia non c’entra dunque niente. Non c’entra la bravura della sua sanità, non c’entra il patrimonio genetico della sua popolazione. La variabile è una e una sola: la distanza da Codogno.
C’è una e una sola spiegazione logica: vi sono virus diversi.
Ce ne sono almeno due in circolo, se non tre.
Uno è certamente molto cattivo (che i cinesi chiamano di tipo L), uno molto meno (tipo S).
Solo tre paesi al mondo hanno avuto il piacere di lottare contro il Virus più letale:
Cina (solo a Wuhan), Italia (solo a partire da Codogno) e l’Iran (non sappiamo da dove).
Purtroppo il tampone non è un esame molto preciso e non è in grado di differenziare i due tipi di virus, per cui si è fatta molta confusione.
Gli altri coronavirus, fratelli e cugini, circolano da tempo. Lo scorso anno in Italia ci furono moltissime polmonite virali atipiche che però, con una letalità modesta, non furono troppo notate.
E ha ragione Emiliano quando dice che la Puglia è stata infettata dai ritorni dalla Lombardia: oggi, 15 marzo, i morti in Puglia sono raddoppiati in un solo giorno e la sua letalità è arrivata subito al livello delle regioni del nord. Adesso la Puglia ha il virus cattivo, purtroppo per gli amici pugliesi.
Ma non perdano le speranze: il Veneto è riuscito a confinare il virus tipo L e a farlo sparire. In Emilia, in un paesino del bolognese, Medicina, il virus ‘cattivo’ è arrivato, qualche giorno fa, in una bocciofila. Su poco più di 15.000 abitanti, vi sono stati decine di contagiati e, ad oggi, 9 morti (nel resto della provincia di Bologna, che ha 1 milione di abitanti, i morti sono stati solo 6 fino ad oggi). Come può essere lo stesso virus?
Quando Boris Johnson ha sostenuto, clamorosamente, di contare sulla immunità di gruppo, cioè sul fatto che, se il 60% della popolazione contrae il virus, l’epidemia finirà, senza fare altro, è evidentemente certo di non avere il virus ‘cattivo’.
Infatti una letalità simile a quella lombarda, del 10% circa, significherebbe per la Gran Bretagna avere: 66 milioni di abitanti * 0,60 *0,1= 4 milioni di morti.
Evidentemente scherzava.
Oppure era sicuro che, da loro, il virus ‘cattivo’ non sarebbe mai arrivato?
Purtroppo la letalità del virus ‘cattivo’ è anche peggiore di quello che sembra. Infatti i morti di oggi non sono relativi ai contagiati di oggi ma a quelli di 4-5 giorni fa. Tipicamente la malattia ‘cattiva’ esordisce con una certa veemenza e porta alla morte in pochi giorni. Chi sopravvive ha invece buone speranze di salvarsi, con una sanità adeguata. In sostanza i morti di oggi dipendono dai contagiati di 4-5 giorni fa. La letalità del virus ‘cattivo’ è quindi del 15-20%. Peggio della peste bubbonica.
La letalità del virus ‘buono’ è invece tra l’1 e il 3% (e anche meno). La cosa è incerta perché il virus si è diffuso anche nello scorso anno. Paradossalmente hanno avuto anche un po’ di ragione quelli che dicevano: ‘In fondo è solo poco più di un’influenza’. Perché parlavano di un altro coronavirus, quelle che circolava già da un po’.
Bisogna però avere molto chiaro che, per ora, i focolai del virus ‘cattivo’ tip L al mondo sono stati solo 3: Wuhan, Codogno e Iran.
E questo spiega la relativa calma degli altri paesi.
Certo è cosa grave anche il virus tipo S ma la situazione Lombarda non è grave, è un dramma di proporzioni bibliche. La nostra solo speranza è che il virus ‘cattivo’, il tipo L, si indebolisca e che le misure prese funzionino. Soprattutto che resistano Milano e Bologna. La battaglia di Milano sarà decisiva.
Chissà se il futuro ci riserverà il piacere di conoscere chi, o cosa, ci ha fatto il ‘regalino’ di depositare il più temibile agente virale di tutti i tempi nell’ormai famoso bar-trattoria di Codogno?