Clamorose sorprese dai dati ISTAT sui decessi

Sono reperibili, dai primi di marzo 2021, i dati ISTAT sui decessi in Italia per l’intero 2020.
I dati ISTAT non possono essere sempre considerati totalmente affidabili per ovvi motivi ma, se vi sono dati che si prestano meglio a ‘maquillage’ (magari per assecondare la versione dominante degli avvenimenti), ve ne sono altri che si prestano molto meno. Sarebbe cioè ingenuo prendere per oro colato, ad esempio, i dati ISTAT sulle cause di morte, proprio per le modalità con cui sono raccolti, ma è indubbio che il numero dei decessi totali è un dato molto più stabile e difficile da manipolare.

In questo articolo ci concentreremo quindi solo sul numero di decessi, per tutte le cause, organizzati per regione, provincia e comune e per mese e giorno dell’anno, pubblicati di recente dall’ISTAT.

Ma già così le sorprese non mancano.

In primo luogo i morti nel 2020 ci sono stati eccome: 742.346 contro una media dei 5 anni precedenti 641.832, con un aumento del 15,7%: 100.000 morti in più, che è il record nel dopoguerra.
Forse non tutti sono direttamente attribuibili al Covid ma certamente l’impatto della malattia è stato straordinario e più o meno in linea con i dati dei decessi Covid diffusi giornalmente.

Come si è evoluta l’epidemia nel tempo?
In figura sono riportati i decessi mensili, per tutte le cause, in Italia.
Nei mesi di gennaio e febbraio 2020 l’Italia sembrava vivere in un piccolo paradiso, con meno 6% di decessi rispetto alla media storica. Inquinamento, impianti 5G, influenza stagionale, etc. non contavano proprio nulla e in Italia si viveva sempre più a lungo, senza differenze di rilievo tra le varie regioni. Con grande preoccupazione della Fornero, nonostante l’invecchiamento della popolazione, si moriva sempre di meno.
Sarà stato vero? Può essere che ciò sconti un piccolo maquillage per far sembrare più importante la successiva epidemia ma ciò è inessenziale per lo scopo di questo articolo.

Perché ecco che, in uno specifico giorno della seconda metà di febbraio, un drammatico evento cambiò il corso della storia: a partire da un punto preciso della Pianura Padana i decessi esplosero: un agente patogeno di inaudita violenza produsse un aumento dei morti (nella media italiana) nel mese di marzo di quasi il 50% rispetto alla media storica!
Il 50 per cento di morti in più in un mese non è fenomeno di cui ci sia memoria storica in tempo di pace. E anche ad aprile 2020 non andò molto meglio (+41%).
Ma, inaspettatamente, il forte nerbo della razza italica ebbe la meglio e in soli due mesi il terribile morbo era sconfitto. Già a maggio i decessi erano tornati sulla media storica e addirittura a luglio morirono lo 0,7% in meno di persone rispetto alla norma (vedi grafico).

Non ce l’hanno raccontata così però. Il grafico mensile dei decessi diffuso dall’ISTAT lascia parecchio perplessi rispetto alle dichiarazioni ufficiali e dà ragione al Prof Zangrillo che, a fine maggio, osò esclamare «Da un punto di vista clinico il virus non esiste più». Fu ricoperto di improperi ma aveva perfettamente ragione. Oggi l’ISTAT lo conferma; al di là delle dichiarazioni ufficiali dell’epoca e degli inutili mascheramenti da maggio a luglio l’Italia fu Covid Free. Neanche un morto in più e le mascherine erano del tutto inutili.

Prima sorpresa quindi dai dati ISTAT: a maggio la prima ondata del Covid-19 era finita del tutto e il virus era scomparso.

Seconda sorpresa: il Covid-19 non è stata una epidemia nazionale, almeno nella prima fase.

In tabella vediamo il numero dei decessi (sempre per tutte le cause) durante il 2020 per regioni: i morti sono concentrati al Nord e, in particolare, sembrano provenire da un singolo focolaio al centro della Pianura Padana.

Se nel Nord vi è stato un aumento dei decessi annuali del 23% con una punta in Lombardia del 37% e con dati locali drammatici (per la provincia di Bergamo, +60% record nazionale) al centro e al sud le cose sono state quasi normali: un aumento dei decessi del 8%, che è solo di poco superiore alle normali variazioni stocastiche.

I dati provinciali ISTAT sono ancora più esplicativi. Le province maggiormente colpite sono state:
1) Bergamo +60,6% di decessi
2) Cremona +52,7%
3) Lodi +46,7%
4) Brescia +40,7%
5) Lecco +37,6%
6) Piacenza +37,2%

E quelle meno colpite:
1) Catanzaro +0,3%
2) Salerno +1,1%
3) Caltanissetta +1,1%
4) Siena +1,4%
5) Messina +1,8%

È chiaro che in una provincia dove vi è un aumento dei decessi solo dell’ 1-2% non vi è nessuna pandemia. Sebbene questa parte della storia non ci sia stata raccontata, è anche quella che spiega la percezione molto diversa del fenomeno tra la popolazione.
Essere ‘negazionisti’ a Bergamo dove parenti e amici muoiono ad ogni pie’ sospinto è impossibile. Esserlo a Catanzaro, dove non muore nessuno, e del tutto coerente con i fatti.
I dati ISTAT rivelano quindi che l’epidemia non è stata a carattere nazionale (almeno nella prima fase) ma locale.

Cosa era successo in quel fazzoletto di terra della Pianura padana che ha provocato un tale disastro?

L’ISTAT fornisce anche i dati dei decessi e per comune e per giorno e da questi emerge una realtà clamorosa.
Fino all’ultima settimana di febbraio il fazzoletto di terra intorno a Codogno godeva di ottima salute, esattamente come il resto d’Italia. Nella settimana dal 10 al 16 febbraio l’intera Lombardia aveva avuto l’1,7% di decessi in meno rispetto alla media. La provincia di Lodi (dove si trova Codogno) aveva avuto solo 43 morti morti invece dei 46 della media dei 5 anni precedenti. Tutto andava per il meglio.

Ma ecco che nella settimana dal 17 al 23 febbraio qualcosa cominciò ad incrinarsi. Primo caso pubblico di Covid 19, molti malati e già qualche morto in più. Nella settimana successiva, dal 23 febbraio all’1 marzo, i decessi esplosero: nella provincia di Lodi 100 morti in una settimana contro i 41 storici, con una aumento del 144%!

Nelle ‘lontane’ Mantova o Varese le cose non sembravano mutate ma nelle vicinanze di Codogno scoppiò il dramma: in una sola settimana a Codogno i morti passarono da 4 a 10, a Castiglione d’Adda (11 km di distanza) da 1 a 10, nelle limitrofe Maleo, Meleti e San Fiorano, da 1  a 10. A Lodi, dove c’è l’ospedale principale, passarono da 10 a 25.

La provincia di Lodi è costituita da 60 comuni. Nei 7 comuni intorno a Codogno, entro 20 km, quella settimana morirono 38 persone invece che le normali 7 con un aumento del 443%. A Lodi vi fu un aumento dei decessi del 150%, negli altri 51 comuni del lodigiano un aumento del 54%.

In altre province lombarde limitrofe, come a Bergamo, Cremona, Brescia ma anche a Piacenza (in Emilia ma subito al di là del Po, a soli 15 km da Codogno) si cominciavano già a vedere aumenti dei decessi dell’ordine del 20-30%. Il primo morto ufficiale in Italia per Covid-19 fu a Vo’ Euganeo, ma era comunque dovuto a contatti diretti con Codogno.

Al di fuori della Pianura padana, intanto, il virus non era ancora arrivato. A Firenze, ad esempio, nella stessa settimana i decessi erano ancora inferiori dell’1% rispetto agli anni precedenti. Ma arriverà in tempi molto brevi, anche se non con la forza mortale che aveva espresso nel suo punto focale.

Riaggregando i dati provinciali annuali secondo la distanza da Codogno otteniamo una tabella stupefacente per una epidemia di origine ‘naturale’: il tasso di mortalità nelle varie province italiane (sempre per ogni tipo di causa) è stato proporzionale alla distanza da Codogno.
Se nell’intorno di 50 km da Codogno, i morti (sempre per tutte le cause) aumentarono del 40% su base annua, al di là dei 300 km di distanza si passò ad un meno drammatico 10%, per calare addirittura al 5% in Sicilia e Puglia, lontane più di 1000 km.
Si tratta di un dato clamoroso perché significa che l’agente patogeno è entrato in Italia in un solo punto, nell’area di Codogno, intorno al 20 febbraio 2020. Non esistevano, né sono allora esistiti, altri  focolai dello stesso agente patogeno. I due cinesi positivi curati allo Spallanzani di Roma non avevano prodotto alcun focolaio. Le enormi comunità di cinesi di Prato non avevano prodotto alcun focolaio.

Vi fu un solo punto di entrata del Sars-Cov-2 nell’Italia del febbraio 2020 e siamo in grado di precisare dove e quando, proprio grazie ai dati ISTAT.

Questo è un fatto davvero incredibile per una normale epidemia, dove ci si trova di fronte a una diffusione decisamente molto più uniforme (come sarà infatti nella seconda ondata).

Altro punto di estremo interesse è che la letalità dell’agente patogeno diffuso a Codogno nell’ultima settimana di febbraio 2020 era enorme. I dati di Bergamo, Cremona, Lodi, Brescia etc. sono da peste bubbonica, non certo da virus para-influenzale. Chi veniva colpito dall’agente patogeno originario aveva una probabilità di morire elevatissima, giovano o vecchio che fosse.

Fortunatamente più ci si allontanava dal punto focale più il virus si indeboliva lungo la strada. Più passaggi doveva fare per raggiungere le regioni più lontane più diventata simile a un normale agente virale para-influenzale. Ed ecco che a Centro e a Sud, a parte rari casi di focolai riconducibili ad arrivi da Codogno e dintorni (come a Medicina in provincia di Bologna), il tasso di letalità risultò, nell’intero 2020, solo poco più alto di una forte epidemia influenzale.

Non volendo usare una desueta terminologia manzoniana ma l’usuale linguaggio politically correct, possiamo dire con ragionevole certezza che da a Codogno passò un ‘superdiffusore’,  il primo e  l’unico che portò l’epidemia in Italia.
Si parlò di un tedesco, perché il virus sembrava diverso da quello cinese, di un iraniano poi scomparso nel nulla, ma nessuno indagò seriamente. Di certo un simile comportamento ebbe ben poco a che spartire con una epidemia a diffusione ‘naturale’.

Il Fatto Quotidiano del 9 febbraio 2021 ha riportato una frase di Bill Gates che fa rabbrividire: «E poi c’è il bioterrorismo. Se qualcuno vuole fare dei danni può creare un virus…”. Viste le note capacità divinatorie del profeta Bill Gates forse la sua boutade meriterebbe un’analisi più approfondita.

Pur non avendo altri elementi a supporto, per intanto, i dati ISTAT confermano, al di là di ogni ragionevole dubbio, che un agente patogeno terribilmente mortale è stato diffuso in Italia, in un solo punto vicino Codogno, nella seconda metà di febbraio 2020.

Grazie a Dio dopo circa 60-70 giorni l’agente patogeno si indebolì fortemente e di fatto scomparve. L’estate trascorse serena, nonostante i timori mediatici, senza nessun aumento significativo della mortalità.
Sì, già a fine agosto ci fu qualche decesso in più nelle località turistiche sarde per prime, seguite poi da quelle pugliesi, ma si trattò di numeri modesti.
Ad ottobre invece l’epidemia comparve di nuovo, questa volta però come una ‘normale’ epidemia, senza punti focali di rilievo a cui ricondurre la sua espansione. I maggiori decessi rilevati (per tutte le cause) furono molto più omogenei in tutte le regioni d’Italia.
Le letalità, seppure inferiore rispetto all’agente patogeno originario, era comunque rimasta elevata tanto che novembre 2020 fu il mese con il più alto numero di morti.
A dicembre, dopo i soliti due mesi, il virus cominciò ad indebolirsi e, nonostante i mesi invernali, le cose sembrarono volgere al meglio.

Purtroppo a febbraio 2021 è partita una terza ondata di cui non abbiamo ancora dati precisi e ovviamente neppure i dati ISTAT.
In prima approssimazione questa terza ondata sembra riprodurre una modalità diffusiva basata su focolai, questa volta multipli. Ad esempio, ad oggi, inizio marzo, tra Bologna e Modena vi è stata la diffusione di un agente patogeno molto infettivo, anche se, per ora, non terribilmente letale. Bologna e Modena sono oggi in emergenza mentre Piacenza e Ferrara sono invece quasi Covid free. Questi focolai multipli sono stati diversi in tutta Italia e, a livello di contagi, sembrano avere a che fare con alcuni lotti vaccinali. Ma è ancora troppo presto per fare alcun tipo di ipotesi.

In conclusione comunque i dati dei decessi per tutte le cause ISTAT per l’anno 2020 dimostrano che:

1) Dalla seconda metà di febbraio 2020, a partire da un punto preciso della Pianura Padana, in Italia è circolato un agente patogeno molto potente che ha provocato un grande numero di morti, soprattutto nelle regioni del nord.
2) La letalità di tale agente si è indebolita mano a mano che ci si allontanava dal focolaio primigenio durante i mesi di marzo e aprile.
3) Tale agente è virtualmente scomparso già nei primi giorni del maggio 2020.
4) Qualcosa di simile, forse lo stesso agente patogeno mutato, è però ricomparso ad ottobre, ma con un comportamento analogo a quello di una normale epidemia, diffuso in modo molto più omogeneo sul territorio nazionale.

 

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