
In un post di qualche giorno fa avevamo lanciato un allarme per il controllo della Banca centrale russa sul nostro canale telegram (https:/t.me/storiasegreta/).
E scrivevamo:
‘È iniziata la lotta per il controllo della Banca Centrale Russa. Sergey Glazyev, ex consigliere economico di Putin, attacca frontalmente l’attuale governatrice della Banca, Elvira Nabiullina, e, implicitamente, suo marito, Il famoso economista Jaroslav Kuzminov, di area Rothschild.
Giova ricordare che Hitler nazionalizzò la ReichBank nel giugno del 1939. I primi di settembre scoppiò la guerra mondiale’.
Nei giorni scorsi si erano diffuse voci, infatti, sulle dimissioni della Nabiullina che Putin avrebbe rifiutato, per ben due volte, ma anzi avrebbe insistito per riconfermarla nel suo incarico, in scadenza tra pochi mesi, come abbiamo riportato sempre nel nostro canale telegram.
La situazione sembrerebbe essere quindi assai confusa.
Le dimissioni, accettate, della Nabiullina significherebbero che la Banca centrale sarebbe ‘nazionalizzata’, di fatto e non solo di diritto, come auspica Glazyev (qui).
E che la finanzia internazionale sarà cacciata dalla Russia a calci nel sedere.
Ieri e oggi sono successi due fatti di importanza cruciale che sembrano chiarire la situazione:
1) Putin ha dichiarato che non accetterà più pagamenti in dollari o euro per petrolio e gas da paesi ostili (qui) .
Si tratta di una vera e propria bomba atomica nella economia mondiale. Significa la fine del signoraggio del dollaro, della possibilità che per decenni gli Stati Uniti hanno avuto di stampare della carta straccia per acquistare beni reali in tutto il mondo.
2) Anatoly Chubais, uomo di Eltsin ma ancora importante nella nomenklatura russa, è fuggito in Turchia (qui).
La stampa italiana, al solito, dimostrando la sua demenziale faziosità, ha titolato che ‘i fedelissimi di Putin lo stanno abbandonando’.
Nabiullina e suo marito Kuzminov, lungi da essere dei fedelissimi di Putin, fanno invece parte di quelle componenti filo occidentali, vicine in particolare ai Rothschild, che hanno sempre avuto un grande ruolo nella Banca Centrale russa (al di là del fatto che la banca è formalmente pubblica).
Putin, (ma prima di lui anche Lenin e Stalin) ha sempre ritenuto opportuno mantenere ai vertici della Banca centrale del paese ‘esperti’ solidali con la grande finanza internazionale. Forse per motivi squisitamente tecnici, forse perché ha tentato, fino all’ultimo, di promuovere l’integrazione della Russia in Occidente, da pari a pari e non in una situazione di sudditanza coloniale.
Se fosse confermato che Nabiullina non ha accettato le pressanti pressioni di Putin per mantenere il suo posto (ovviamente in questo caso lei e suo marito farebbero bene a mettersi in salvo in Occidente più in fretta che possono) vorrebbe dire la completa rottura dei ponti tra la Russia (non più tra il solo Putin) con la finanza internazionale.

Chubais invece è stato l’animatore delle riforme post sovietiche di Eltins, in cui le aziende pubbliche sovietiche furono privatizzate in modo scriteriato, privilegiando chi di dovere e creando quella classe di oligarchi russi miliardari, poco numerosa ma molto forte economicamente, ed è sempre stato legato a doppio filo con le elite occidentali.
Se mai qualcuno avesse potuto essere l’organizzatore di un push contro Putin lui sarebbe stato la figura ideale.
La rottura fra le due componenti delle oligarchie russe, quella nazionalista e quella filo occidentale, dovrebbe essere la notizia principale di oggi, ancora più importante della guerra in Ucraina e dovrebbe essere ripresa dai media a titoli cubitale, se mai avessero solo una vaga idea di quello che accade nel mondo.
Da oggi c’è chi sta di qua e chi sta di là, senza appello.
O si sta con il popolo russo (non solo con Putin) o si sta con le oligarchie finanziarie occidentali. Tertium non datur.
Putin ha cercato per anni, anzi per decenni, di trovare una composizione tra l’anima antagonista della Russia profonda e l’Occidente finanziario. Da oggi dobbiamo prendere atto che questo tentativo è fallito.
Il filosofo russo Alexander Dugin, in un lungo saggio dove teorizza la guerra della Russia profonda contro l’ordine mondiale liberale, ci avverte che ‘Putin… è entrato nella battaglia, ma non con l’Ucraina, bensì con il globalismo, con l’oligarchia mondiale, con il Great Reset, con il liberalismo e la fine della storia’ (qui).
Ciò spiega le disperate parole di Soros dei giorni scorsi: ‘Possiamo solo sperare che Putin e Xi vengano rimossi dal potere prima che possano distruggere la nostra civiltà’. (qui, per vedere l’intera intervista) che hanno dato il destro per le sempre più becere e patetiche imitazioni italiote, in cui si promuoveva l’idea che l’unica strada per uscire dall’empasse fosse quella di uccidere Putin (qui ma anche qui).
Ma soprattutto la precipitosa fuga di Chubais in Turchia significa che il programmato e atteso colpo di stato contro Putin è fallito.
Se il capo degli oligarchi di Eltsin fugge vuol dire che ha perso ogni speranza e cerca solo di salvare la propria vita.
E, senza l’acclamato colpo di stato in Russia, sembrerebbe proprio che il futuro per le oligarchie finanziare occidentali sia decisamente gramo.
Possono le elite finanziare occidentali rinunciare alla Russia, così senza colpo ferire?
Perdendo non solo la Russia ma tutta quella parte di mondo non allineato, l’India, l’Africa, il mondo islamico, che già era stata molto critica con le tragicomiche narrative della pandemia?
Temiamo di no.
Non sappiamo neppure se le oligarchie del denaro riusciranno a ritirarsi nel loro ormai misero Occidente perché anche qui l’opposizione ‘trumpista’ è ormai in netta maggioranza.
Si ha come l’impressione che Soros e compagnia siano combattendo la loro ultima battaglia e siano disposti a tutto per non perdere quel mondo che, fino a poco tempo fa, era in mano loro.
Il precedente hitleriano quando, subito dopo la nazionalizzazione formale della Reichbank, scoppiò la guerra mondiale, inquieta non poco. Ma non solo, sia la Rivoluzione d’ottobre che la prima guerra mondiale ebbero la stessa motivazione: il controllo sulla stampa del denaro.
Qui e ora si decide il destino del mondo. E non sarà un pranzo di gala.
Del resto non si vede come un modello che ha impoverito la vita economica di intere popolazioni, rendendole clienti forzate per l’arricchimento così poco lungimirante di pochi, possa essere sostenibile.
Il loro modello è sostenibile solo se applicano i dettami delle Georgia Guidestones, il depopolamento fino a 500 mln – 1 mld di abitanti