Tra i segreti più intriganti della Storia vi sono le missioni lunari Apollo tra il 1969 e il 1972. Di recente (24/08/2019) è uscito un articolo di Kevin Barrett che fa il punto sulla questione dopo lo straordinario film di Massimo Mazzucco del 2018 ‘American Moon’ (http://www.luogocomune.net). Senza voler sposare nessuna tesi definitiva è ormai assodato che: 1) la Nasa ha mentito molte volte, 2) molte foto lunari sono dei falsi, prodotti in studio. Buona lettura.
Kevin Barrett
The Moon Landings: A Giant Hoax for Mankind?
Veteranstoday.com
Quest’anno ricorre il 50° anniversario dell’atterraggio sulla Luna dell’Apollo 11. Nel 2016, un sondaggio aveva mostrato che il 52% del pubblico britannico pensava che le missioni Apollo fossero false. Lo scetticismo era più alto tra quelli che erano troppo giovani per averle viste dal vivo in TV: il 73% dei giovani tra i 25 e i 34 anni non credeva che fossimo mai sbarcati sulla Luna, rispetto al 38% di quelli di età pari o superiore a 55 anni. Questi numeri sembrano aumentare ogni anno. Gli scettici britannici erano solo il 25% dieci anni fa. Non si sa quanti possano essere oggi ma un sondaggio del 2018 condotto dal Centro di ricerca dell’opinione pubblica russa ha rivelato che il 57% dei Russi non crede che ci sia mai stato un atterraggio lunare con equipaggio. La percentuale sale a 69% per le persone con istruzione superiore: in altre parole, le persone più sono istruite e più sono capaci di ragionamento razionale, meno credono negli sbarchi sulla Luna di esseri umani. Per quanto riguarda gli americani, un sondaggio Gallup del 1999 ha rilevato solo un 6% di scettici e una ricerca Pew del 2013 ha mostrato che il numero sarebbe salito solo al 7%. È un dato sospettosamente basso. Un sondaggio del 2005-2006 invece aveva scoperto che oltre un quarto degli americani dai 18 ai 25 anni esprimeva qualche dubbio sul fatto che degli esseri umani avesse messo piede sulla Luna, che è un dato più vicino a quello britannico e più credibile. È interessante notare che in un sondaggio fatto dai Knight Newspapers un anno dopo il primo sbarco sulla Luna, più del 30% degli intervistati aveva dei dubbi. Molti di quei primi scettici potrebbero essersi convertiti nel corso degli anni o aver semplicemente perso l’energia per dissentire.
Ma la teoria della bufala degli atterraggi lunari ha acquisito nuovo slancio con la diffusione di Internet e lo sviluppo di YouTube, che ha permesso a chiunque di ispezionare da vicino le riprese delle missioni Apollo. Prima di ciò, le persone che avevano seri dubbi avevano pochi mezzi per condividerli e per renderli convincenti. Un pioniere fu Bill Kaysing, che aveva rotto il ghiaccio nel 1976 con il suo libro auto-pubblicato ‘We Never Went to the Moon: America’s Thirty Billion Dollar Swindle’ (Edizione italiana: Bill Kaysing. Non siamo mai andati sulla luna: una beffa da 30 miliardi di dollari, Cult media net edizioni, 1997).
Kaysing era persona informata, poiché aveva lavorato per Rocketdyne, la compagnia che costruì i missili Apollo. Poi venne il fisico Ralph René con la sua ‘NASA Mooned America: How we never went to the moon and why’. (La Nasa ha turlupinato l’America: Come non siamo mai andati sulla Luna e perché), che introdusse il problema delle fasce di Van Allen. Le ricerche sono diventate più approfondite e l’incredulità è diventata un’epidemia intorno al 30° anniversario dell’Apollo 11, grazie in gran parte al direttore della fotografia britannico David Percy, che è stato coautore con Mary Bennett del libro ‘Dark Moon’ e regista del documentario di 3 ore ‘What Happened on the Moon? An investigation in Apollo’ (Cosa è accaduto sulla Luna? Un’indagine sull’Apollo) (2000), presentato da Ronnie Stronge. Resta un prezioso contributo per chiunque voglia farsi un’opinione informata. Poi ci fu il molto più breve ‘A funny thing happened in the way to the Moon’ (Una cosa buffa è successa durante il viaggio verso la Luna) (2001), diretto da Bart Sibrel, che offre approfondimenti sul contesto storico. Sibrel sfidò gli astronauti della NASA a giurare sulla Bibbia, di fronte alle telecamere e montò queste sequenze in ‘Astronauts Gone Wild’ (Astronauti impazziti), insieme ai filmati di alcune loro dichiarazioni goffe e imbarazzanti. In teoria avrebbero camminato sulla Luna ma erano comunque poco competenti e coerenti.
Infine, utilizzando materiali di quei film e altre fonti, è arrivata il rivoluzionario documentario televisivo ‘Did We Land on the Moon?’ (Siamo atterrati sulla Luna?) (2001), diretto da John Moffet per Fox TV. È una grande introduzione alla controversia, sebbene contenga alcuni errori nell’interpretazione delle fotografie. Molto più di recente, il fotografo e regista italiano Massimo Mazzucco, che aveva precedentemente realizzato un ottimo documentario sull’11 settembre, ha diffuso ‘American Moon’ (2018), finora il miglior film sulla questione Apollo. È un film notevole per la precisione delle sue argomentazioni e per la rilevanza della documentazione. Mazzucco ha il grande merito di rispondere dettagliatamente a ciascuna delle contro-argomentazioni fatte dai debunkers. Come regista e fotografo professionista, il suo maggiore il contributo, sebbene non l’unico, è nel campo dell’analisi fotografica (corregge alcuni errori banali trovati ad esempio in ‘Did We Land On The Moon?’). Mazzucco ha sollecitato contributi di numerosi altri fotografi di fama internazionale, le cui analisi sono devastanti per la credibilità delle foto lunari della NASA. Potete ascoltare Mazzucco su Kevin Barrett’s Truth Jihad Radio, ma consiglio vivamente di acquistare il DVD. (http://www.luogocomune.net)
American Moon – Trailer
Ci sono invece pochissimi libri sull’argomento. Secondo me il più accurato è ‘One Small Step? The great Moon Hoax in plain Sight (Part I)’ (Un piccolo passo? Il grande inganno lunare e la corsa per dominare la Terra dallo spazio), del ricercatore tedesco Gerhard Wisnewski, originariamente pubblicato nel 2005, che citerò più volte. C’è anche del materiale prezioso, di cui non parlerò qui per mancanza di spazio, in ‘The Apollo Moon Missions: Hiding a Hoax in plain Sight (Part I)’ (Le missioni Apollo: nascondere una truffa mettendola in bella vista) di Randy Walsh, del 2018. Il suo capitolo 2 (ristampato sulla rivista Nexus) dimostra che, come sospettava Kaysing, i motori del razzo Saturn V utilizzati nelle missioni Apollo non aveva il carburante e la potenza richiesti per inviare il razzo a pieno carico (circa 3.000 tonnellate) nell’orbita terrestre bassa. Il suo capitolo 3 descrive in dettaglio il componente dell’Apollo ‘Guidance Computer’ costruito da Raytheone e i compiti impossibili che esso avrebbe dovuto fare per navigare in sicurezza su una missione con equipaggio sulla Luna e ritorno. Altamente raccomandata è anche l’indagine umoristica del defunto Dave McGowan, ‘Wagging the Moondoggie’.
Non discuterò tutte le prove presentate in queste fonti. Posso solo proporle, insieme a poche altre nel seguito. Sceglierò semplicemente le argomentazioni che vedo come più convincenti, aggiungerò alcuni sviluppi recenti, darò le mie migliori conclusioni, porrò il problema in una prospettiva storica, e trarrò alcuni insegnamenti da tutto ciò sulla Matrix in cui abbiamo vissuto e viviamo.
Prima di tutto, dobbiamo essere chiari sull’obiettivo di tale indagine. Non dovremmo aspettarci nessuna prova conclusiva che Neil Armstrong, o qualsiasi altro camminatore delle missioni Apollo, non abbia mai messo piede sulla Luna. Ciò non può essere provato in assenza del fatto indiscutibile che Amstrong fosse da qualche altra parte (in un’orbita intorno alla Terra, per esempio) nel momento esatto in cui affermava di essere sulla Luna. Nella maggior parte dei casi, non puoi provare che qualcosa non è accaduto, proprio come non puoi provare che qualcosa non esiste. Non puoi provare, ad esempio, che gli unicorni non esistono. Questo è il motivo per cui l’onere della prova spetta a chiunque affermi che esistono. Se ti dico che ho camminato sulla Luna, mi chiederesti di dimostrarlo e non considereresti valida la risposta: ‘No, dimostri lei che non sono andato’.
Fa differenza se sono la NASA? Certo che la fa, perché dare del bugiardo alla Nasa vi porterà inevitabilmente a mettere in discussione tutto ciò a cui che siete stati portati a credere dal vostro governo, dalle vostre istituzioni educative, dalla comunità scientifica e dai media tradizionali. È davvero un salto da gigante. Proprio come i figli di genitori oppressivi, i cittadini onesti di governi oppressivi tenderanno ad eliminare le prove delle malefatte del governo. E così, le persone che scelgono di credere agli atterraggi sulla Luna, senza nemmeno chiedere prove, semplicemente perché ‘Non ti avrebbero mentito più di 50 anni, vero? I media avrebbero esposto la bugia molto tempo fa (ricordate Watergate). E le 250.000 persone coinvolte nel progetto? Qualcuno avrebbe parlato.’ Posso sentire me stesso parlare così solo 10 anni fa. Tutte queste obiezioni debbono essere affrontate.
Ma prima di ciò, la cosa scientifica da fare è iniziare con la domanda: la NASA può dimostrare di aver inviato uomini sulla Luna? Se la risposta è no, il passo successivo è decidere se dovremo fidarci della sua parola. Ciò richiede di ponderare quali potrebbero essere state le ragioni di tale menzogna. Ci arriveremo.
Ma, prima di tutto, la NASA può fornire prove concrete degli sbarchi sulla Luna? Sì, può farlo. Hanno riportato pezzi di Luna: circa 380 chilogrammi di rocce lunari, contando tutte le missioni Apollo. Le rocce lunari sono una prova inconfutabile delle missioni lunari, no? Lo sono, ma solo se si può stabilire con certezza che non sono di provenienza terrestre. E’ questo il problema. Infatti sono stati ritrovati in Antartide meteoriti con caratteristiche simili a quelle delle rocce lunari. Potrebbe essere utile sapere che, nel 1967, due anni prima dell’Apollo 11, la NASA aveva organizzato una spedizione in Antartide, con Wernher Von Braun, il principale propagandista della NASA per le missioni lunari. L’Antartide è la regione della Terra con la più grande concentrazione di meteoriti. Apparentemente tali meteoriti furono recuperati da questa spedizione, ufficialmente come riferimento per essere successivamente confrontati con i campioni Apollo (secondo Mazzucco). Quindi le rocce lunari sono ben lontane da essere una prova degli atterraggi sulla Luna.
È un dato di fatto, nessuno può dimostrare che le cosiddette rocce lunari sono state riportate dalla Luna piuttosto che dall’Antartide o da altrove sulla Terra. Ma va molto peggio: è stato definitivamente accertato che parte delle cosiddette rocce lunari sono dei falsi. Negli anni ’90, all’astrobiologo britannico Andrew Steele fu concesso il privilegio speciale di esaminare alcuni dei preziosi campioni conservati nelle casseforti della NASA. Immaginate la sua sorpresa nello scoprire che contenevano setole, pezzi di plastica, nylon, teflon e piccoli animali terrestri (Wisnewski). Un’altra roccia lunare aveva fatto scalpore quando, 40 anni dopo essere stato consegnata personalmente da Neil Armstrong e Buzz Aldrin al Primo Ministro olandese, è stata esaminata e si è visto essere legno pietrificato.
Certo che qualche roccia lunare falsa non dimostra che tutte le rocce lunari siano false. Ma ciò dovrebbe essere la ragione per avviare un esame scientifico sistematico delle centinaia di altri campioni che gli Stati Uniti avevano distribuito, cerimoniosamente, nel 1969 e negli anni ’70. Sfortunatamente, la maggior parte di essi è andata perduta. Come l’Associated Press ha riferito il 13 settembre 2009: ‘Quasi 270 rocce raccolte da noi astronauti statunitensi erano state date a paesi stranieri dall’amministrazione Nixon. […] Delle 135 rocce della missione Apollo 17 date alle varie nazioni o ai loro leader, solo circa 25 sono state localizzate. […] Le prospettive di poter rintracciare le 134 rocce Apollo 11 sono ancora più scarse. Solo per meno di una dozzina di reperti si conosce la localizzazione.’
Quali altre prove ha la NASA degli sbarchi sulla Luna? I film e le fotografie ovviamente! Sfortunatamente, i film disponibili dagli archivi televisivi sono molto sfocati. Come, per esempio, possiamo essere sicuri che l’astronauta David Scott dell’Apollo 15 stia lasciando cadere un vero martello e una vera piuma per dimostrare la gravità newtoniana in un ambiente privo di atmosfera, se riesci a malapena a vedere gli oggetti? (C’è una sequenza rilevante in ‘What Happened to the Moon?’). Ancora più importante, come possiamo verificare che l’apparenza di bassa gravità sia stata ottenuta semplicemente facendo riprese al rallentatore? Gli scettici hanno sottolineato che se la velocità del film fosse raddoppiata, si avrebbe l’impressione di un normale movimento sulla Terra. Alcuni addirittura si chiedono se il rallentatore dei filmati sia realistico. William Cooper, per esempio, spiega che in un ambiente con un sesto di gravità terrestre, i salti degli astronauti dovrebbero essere molto più lunghi e più alti che sulla Terra: potrebbero logicamente saltare sei volte più in alto che sulla Terra. Ad alcuni astronauti, come Eugene Cernan di Apollo 17, piaceva ovviamente fare qualche salto del canguro sulla Luna, ma perché sembrano incapaci di saltare più in alto di 30 cm? La bassissima qualità del filmato televisivo è dovuta al processo attraverso il quale è stato ottenuto: “Poiché L’attrezzatura della NASA non era compatibile con la tecnologia TV dell’epoca, la trasmissione originale doveva essere visualizzata su un monitor e ripresa da una comune telecamera per essere trasmessa” (come spiegato in un articolo del 15 agosto 2006 di Reuters). Per essere precisi, la NASA ha affermato che l’originale era a colori e che veniva rifilmato su nastri da 16 mm su un monitor in bianco e nero (a colori da Apollo 14 in poi), usando un cinescopio, che è una lente che permette di filmare un monitor.
Ciò di cui abbiamo bisogno quindi per un’indagine adeguata sono le registrazioni video originali della NASA. I ricercatori chiedono l’accesso a questi film da decenni, ai sensi della legge della libertà d’informazione. Nel 2006, hanno ricevuto una risposta. Il portavoce della NASA Gray Hautaluoma ha dichiarato: ‘Non li vediamo da un bel po’. Stiamo cercando da oltre un anno e non li abbiamo trovati’. Mancano 700 scatoloni di videocassette magnetiche, afferma il già citato articolo Reuters, aggiungendo: ‘La NASA ha ammesso, nel 2006, che nessuno poteva trovare le registrazioni video originali del 20 luglio 1969, quelle dell’atterraggio dell’Apollo 11. Da allora, Richard Nafzger, un ingegnere del Goddard Space Flight Center della NASA nel Maryland, che ha supervisionato l’elaborazione televisiva dei dati durante l’Apollo 11, li ha cercati continuamente. La buona notizia è che ha trovato dove sono andati. La cattiva è che facevano parte di un lotto di 200.000 nastri che sono stati smagnetizzati, cancellati e riutilizzati per risparmiare denaro.’ Presumibilmente sono andati persi anche tutti i dati di telemetria, ricevuti e registrati per monitorare la posizione e il funzionamento meccanico dell’astronave e battito cardiaco degli astronauti. Anche persi i disegni di progetto dei moduli lunari, dei rover lunari e degli interi razzi Saturno V. Come risultato di questa ammissione alla NASA, i funzionari russi hanno chiesto una indagine internazionale.
Per concludere sull’argomento delle registrazioni video originali mancanti, è opportuno menzionare uno degli argomenti più forti presentati dagli scettici: la capacità limitata delle batterie dei moduli lunari (come documentato dalla NASA) che era ridicolmente insufficiente per permettere una trasmissione di un segnale video verso la Terra, anche se avessero avuto un’antenna diretta verso Houston, che non avevano. Questo punto è ben argomentato dal cineasta americano Joe Frantz e da un ingegnere elettrotecnico reperibile su youtube (apprezzerete anche la straordinaria ingenuità degli astronauti, figlia di una pessima sceneggiatura).
Ma non abbiamo solo i film, per fortuna abbiamo le fotografie. Oltre a piantare la bandiera americana e a raccogliere campioni di roccia (“mai venire sulla Luna senza un martello”, scherzò Alan Bean di Apollo 12), gli astronauti hanno trascorso molto tempo a scattare foto. E siamo onesti: nel 2015, la NASA ha rilasciato al pubblico migliaia di foto in alta risoluzione. Sono accessibili QUI su internet e possono essere esaminate in dettaglio. Molte di loro sono notevoli per la loro qualità. L’equipaggio dell’Apollo 11 usò una Hasselblad 500C standard, con solo alcune modifiche, come la rimozione dello specchio reflex. La pellicola utilizzata era una Kodak Ektachrome standard da 160 Asa (diapositive). Questa è una pellicola sorprendentemente sensibile per un luogo in cui la luce del sole non è filtrata da un’atmosfera, soprattutto considerando che alcune foto sono perfettamente esposte, anche se prese direttamente controsole. Ci sarebbero anche problemi tecnici con l’affidabilità di questa pellicola sulla superficie della Luna, dove le temperature vanno da meno di 100°C meno a oltre 100°C. L’unica protezione contro il calore, sia per la macchina fotografica che per il caricatore, era un rivestimento antiriflesso. (Come gli astronauti siano sopravvissuti a tali temperature è un problema ancora più grave). (N.d.r. E’ doveroso precisare che quest’ultima affermazione è una sciocchezza. Nello spazio vuoto si potrebbe stare anche nudi per molti minuti perché non c’è quasi scambio termico. Dei tre meccanismi di scambio di calore, irraggiamento, conduzione, convezione, nel vuoto è attivo solo il primo con perdita di calore molto modesta. Semplificando non c’è aria e non c’è vento. E’ sufficiente una semplice schermatura per evitare il sole diretto per non avere problemi termici. Drammatico è invece il problema della latitudine di posa delle pellicole che non avrebbe potuto permettere foto del genere in cui, nella stessa immagine, ci sono particolari a zero lumen e altri a centinaia di lumen. Serio è anche il problema delle radiazioni che avrebbero dovuto incidere sulla qualità pesantemente. Per questo si veda il film di Mazzucco, dove si tratta il problema nell’ottica di un professionista).
Un altro aspetto problematico è la qualità professionale della maggior parte di quelle immagini. Ogni singolo scatto preso da Neil Armstrong, per esempio, è perfettamente inquadrato e perfettamente esposto. Wisnewski sottolinea correttamente quanto sia incredibile, dato il fatto che Armstrong (o qualsiasi altro astronauta) non poteva prendere la mira, poiché la telecamera era fissata sul suo petto dove non poteva nemmeno vederla. Per non parlare della difficoltà di impostare apertura, tempo di esposizione, messa a fuoco e campo visivo manualmente con i suoi guanti pressurizzati e nessuna visione della telecamera, e senza esperienza di fotografia nell’ambiente lunare. Dobbiamo ricordare che la fotografia era, all’epoca, attività per esperti, anche sulla Terra, ed è abbastanza sorprendente vedere che gli scatti di Armstrong sono semplicemente perfetti. Per andare al dunque, ci sono prove che queste foto sono state scattate sulla Luna? Assolutamente nessuna. Sono facili da realizzare in studio. È un dato di fatto, che la NASA aveva fatto di tutto per addestrare gli astronauti in ambienti interni riproducendo le condizioni della superficie lunare, come le si immaginavano, fabbricando anche tonnellate di “polvere di Luna” (anche prima che qualcuno avesse visto polvere di Luna), e persino simulando il cielo nero. Alcune delle fotografie scattate in questi mesi in studio (reperibili negli archivi Nasa), sono difficili da distinguere da quelle ‘vere’, se inquadrate diversamente.

Ammettiamolo: non ci sono prove che nessuna delle fotografie di Apollo sia autentica. Ciò però può non essere sufficiente a convincere i credenti. Ma cosa accadrebbe se un bel po’ di queste foto si rilevassero ‘piene di incoerenze e anomalie’, come affermato da David Percy, in ‘What happened on the Moon’. Il film contiene un’intervista a Jan Lundberg, l’ingegnere capo progetto della Hasselblad. Quando gli venne chiesto di spiegare alcune delle incongruenze delle foto per quanto riguarda le ombre e l’esposizione (ad esempio, gli astronauti sono completamente illuminati nonostante siano in ombra del modulo lunare, come nella foto riprodotta sulla copertina del libro di Wisnewski), ha risposto “Non posso spiegarlo. Mi sfugge il perché.” Per inciso, l’ammissione imbarazzata di Lundberg è l’illustrazione perfetta di come la compartimentazione potrebbe aver reso possibile la bufala della Luna. Le centinaia di migliaia delle persone coinvolte nel progetto, hanno lavorato sulla base del “ciò che era necessario sapere” e non hanno avuto motivo di sospettare che stessero lavorando per qualcosa di diverso da quello che gli era stato detto, almeno fino a quando qualcuno li sfidò a spiegare immagini impossibili. Solo una manciata di persone dovevano essere a conoscenza del quadro completo, e non è nemmeno certo che il presidente Nixon fosse tra questi. Si stima che circa 20.000 appaltatori e fornitori, distribuiti nei quattro angoli degli Stati Uniti abbiano lavorato al progetto Apollo: nessuno dei suoi dipendenti aveva i mezzi, figuriamoci l’interesse, a mettere in dubbio l’utilità di ciò che stavano facendo. Come Wisnewski illustra quando parla del Programma ‘Corona alias Discoverer’ (un satellite di ricerca statunitense lanciato intorno al 1959 con lo scopo di spiare l’Unione Sovietica), è sbagliato supporre che l’esercito americano e le comunità di intelligence non possano mantenere un segreto. Per fare un altro esempio, centinaia di migliaia di persone hanno lavorato al Progetto Manhattan, che è rimasto completamente nascosto al pubblico fino a quando la bomba non fu lanciata su Hiroshima.
Non elencherò ed esaminerò le anomalie delle fotografie di Apollo, poiché vengono analizzate nei documentari sopra menzionati. Il recente film documentario di Massimo Mazzucco, ’American Moon’, offre sicuramente le migliori prove, presentate da fotografi professionisti, della finzione delle fotografie del Progetto Apollo. Uno dei suoi meriti è anche quello di dissipare i tipi sbagliati di argomenti, ad esempio per quanto riguarda i “mirini” coperti.
Giusto per dare un’idea ai principianti, ecco un esempio di incoerenza nella direzione del ombre sulla foto della NASA n. AS14-68-9486/7, che, secondo gli scettici, dimostra di avere una fonte di luce più vicina del sole (e non “fonti multiple di luce”, come è erroneamente detto in ‘Did we go to the Moon’).

Le affermazioni basate sull’analisi delle ombre, tuttavia, sono aperte a infinite confutazioni. Io trovo molto più istruttivo esaminare attentamente alcune delle fotografie dei moduli lunari, che possono essere trovate in alta risoluzione sul sito di archivio della NASA QUI. Vi consiglio di guardarle e di usare il comune buon senso. Chiedetevi, ad esempio, se riuscite a credere che l’Apollo Lunar Module Eagle avrebbe potuto far atterrare due astronauti sulla Luna, riportarli in orbita lunare per riconnettersi con il modulo di comando in orbita. Oppure prendete il modulo lunare Antares di Apollo 14 o quello Orion di Apollo 16, o il Challenger dell’Apollo 17. Tenete presente che queste capanne squallide dovevano essere ermeticamente pressurizzate in un ambiente sotto vuoto, ogni volta che gli astronauti uscivano per le esplorazioni extra-veicolari e che, negli ultimi due casi, due astronauti hanno speso più giorni (rispettivamente 71 ore e 76 ore) sulla Luna e dormito 3 notti nel modulo.
Se gli equipaggi dell’Apollo avessero fotografato il cielo stellato della Luna, la NASA avrebbe potuto usare l’immagine per contrastare l’accusa di frode. Negli anni ’60, sarebbe stato molto difficile usare il computer per calcolare come si dovevano presentare le costellazioni delle stelle viste dalla Luna. Sfortunatamente, nessuno ci ha pensato alla NASA. Agli astronauti fu chiesto di guardare in basso e di raccogliere pietre, di non alzare lo sguardo e studiare le stelle. È come se la NASA fosse stata una congregazione di geologi che disprezzavano l’astronomia. E pensare che spendono miliardi di dollari per inviare telescopi nell’orbita terrestre! Prima delle missioni Apollo, si pensava che le stelle sarebbero state molto brillanti viste da qualsiasi parte al di là dell’atmosfera terrestre. “Sorprendentemente brillanti” è come Yuri Gagarin le descrisse, dal suo viaggio orbitale intorno alla Terra nel 1961. E gli astronauti del progetto Gemini che volavano nel 1965-66 avevano testimoniato di meravigliarsi della bellezza delle stelle. Ecco una fotografia presentata sul sito web della NASA con la seguente didascalia: “Se si potesse disattivare la capacità dell’atmosfera di disperdere la luce del sole,il cielo diurno di oggi potrebbe assomigliare a qualcosa del genere ”(da McGowan).

Eppure le missioni Apollo apparentemente dissiparono quel pregiudizio: non c’erano stelle visibili nel cielo lunare. Il problema non è che le stelle non siano visibili nelle fotografie della NASA: è normale, secondo i fotografi intervistati da Mazzucco. L’esposizione necessaria per catturare le stelle avrebbe sovraesposto la superficie lunare. Il problema è che gli astronauti non hanno visto le stelle con i loro occhi. Tutti loro, dall’Apollo 11 all’Apollo 17 dichiararono costantemente che il cielo era completamente nero, “un immenso velluto nero – totalmente nero “, nelle parole di Edgar Mitchell, il sesto uomo sulla Luna. Era perché la luminosità della superficie lunare era troppo forte, in modo che i loro occhi non si potessero regolare? (un giorno sulla luna dura 27 giorni terrestri, quindi gli astronauti che sono atterrati sul lato illuminato della Luna non hai mai vissuto una notte sulla Luna. Se quello era il motivo, allora gli astronauti avrebbero dovuto vedere molte stelle viaggiando tra Terra e la Luna. Non hanno mai detto di averle viste. Quando orbitarono attorno alla Luna e passarono nella sua ombra, si ritrovarono nel buio pesto e non vedevano ancora stelle. Michael Collins, che ha orbitato attorno alla Luna più volte nel modulo di comando, mentre Aldrin e Armstrong erano sulla sua superficie, dichiarò nella conferenza stampa del 1969: “Non ricordo di aver visto nessuna stella!” Questo è uno delle osservazioni più strane che ti vengono in mente da un astronauta, ma l’intera conferenza stampa è un bizzarra esperienza tutta da guardare.
L’ intervista di Neil Armstrong del novembre 1970 è altrettanto bizzarra. È stata usata da diversi scettici come prova che stava mentendo. Consiglio vivamente questa analisi molto professionale commissionato da Richard D. Hall di RichPlanet TV da Peter Hyatt, un esperto nel rilevamento dell’inganno. Lo trovo devastante per la credibilità di Armstrong.(purtroppo l’intervista su youtube non è più disponibile perché censurata).
Successivamente, è stato ordinato a Armstrong di tenersi lontano dalle interviste. Ha fatto un’ultima, rapida apparizione il 20 luglio 1994 , alla presenza del presidente Clinton, solo per paragonarsi a un pappagallo, “l’unico uccello che può parlare” ma che “non vola molto bene”, e per concludere con un’osservazione criptica su ‘scoperte inesplorate disponibili per coloro che possono rimuoverne uno strato protettivo della verità’. Poi tornò alla sua solitudine e si rifiutò di partecipare (o gli fu chiesto di non farlo) alle celebrazioni per il 40° anniversario del suo leggendario Moonwalk. Fortunatamente per i custodi del mito, ora ha lasciato la Terra per sempre, e la sua storia può essere raccontata da Hollywood.
Abbiamo deciso di scoprire se ci fossero le prove che gli sbarchi sulla Luna fossero reali. Non ne abbiamo trovata nessuna. Invece, abbiamo trovato prove che non lo erano. Ma in realtà non era necessario: sono gli stessi ingegneri della NASA che ci dicono che sono impossibili, per la semplice ragione che gli astronauti dovrebbero viaggiare attraverso le letali fasce di Van Allen che iniziano 1000 miglia sopra la Terra e si estendono per 26.000 miglia. Anche oltre queste fasce, gli astronauti continuerebbero a essere bombardati da ogni tipo di radiazione mortale (un buon articolo sulla questione delle radiazioni QUI). Il 24 giugno 2005, la NASA ha reso questa straordinaria dichiarazione: “Vision for Space Exploration richiede un ritorno sulla Luna come preparazione per viaggi su Marte e oltre. Ma c’è un potenziale ostacolo: le radiazioni. Lo spazio oltre l’orbita terrestre è inondato da intense radiazioni del Sole e da profonde fonti galattiche come le supernove… Il modo più comune per gestire le radiazioni è semplicemente bloccarle fisicamente come fa il cemento attorno a un reattore nucleare. Ma fare astronavi di cemento non è una opzione “(citato in McGowan).
Ci sono centinaia di documenti disponibili dagli ingegneri della NASA che spiegano perché viaggiare oltre l’orbita terrestre inferiore rimane un ostacolo per le missioni con equipaggio, ad esempio questa: “Le radiazioni spaziali sono piuttosto diverse e più pericolose delle radiazioni sulla Terra. Nonostante La Stazione Spaziale Internazionale si trovi all’interno del campo magnetico protettivo della Terra, gli astronauti sono sottoposti a radiazioni oltre dieci volte superiori rispetto a ciò che accade naturalmente sulla Terra. Al di fuori dal campo magnetico terrestre ci sono i raggi cosmici galattici (GCR), eventi di particelle solari (SPE) e le fasce di Van Allen, che contengono radiazioni spaziali intrappolate. La NASA è in grado di proteggere l’equipaggio dagli SPE consigliandogli di ripararsi in un’area con materiali di protezione aggiuntivi. Tuttavia, è molto più difficile proteggersi dai raggi cosmici (GCR). Queste particelle altamente energetiche provengono da tutta la galassia. Sono così energiche da poter attraversare metalli, plastica, acqua e materia cellulare. E mentre tali particelle energetiche passano attraverso I vari materiali, generano neutroni, protoni e altre particelle in una cascata di reazioni che si verificano all’interno dei materiali di schermatura. Questi eventi secondari possono talvolta causare un danno per l’equipaggio ancora peggiore”.
L’ingegnere della NASA Kelly Smith ha spiegato in un breve documentario sul programma Orion in corso (Orion Trial by Fire – Orion la prova del fuoco) che le fasce di Van Allen pongono sfide così serie che “Dobbiamo risolvere queste sfide prima di mandare le persone attraverso questa regione dello spazio”. La sequenza chiave è inclusa nel seguente video di 10 minuti.
Tra le altre sequenze ci sono spezzoni con astronauti che ammettono inavvertitamente che la tecnologia per inviare uomini oltre l’orbita terrestre inferiore non sono ancora disponibili. Soprattutto da non perdere l’astronauta veterano della NASA Donald Roy Pett che spiega che la tecnologia oggi non è più disponibile: “Il problema è che non abbiamo più la tecnologia per farlo. Sapevamo farlo ma abbiamo distrutto quella tecnologia ed è un processo doloroso ricostruirla di nuovo.” L’ostacolo delle radiazioni può essere il motivo per cui nessuna missione con equipaggio sulla Luna, o anche nell’orbita terrestre bassa, è mai stata tentata dai tempi di Tricky Dick (Nixon ndr).
Ricordate che la Stazione Spaziale Internazionale sta orbitando a una distanza di 250 miglia dalla terra, mentre la Luna è circa mille volte più lontana. Il 14 gennaio 2004, il presidente George W. Bush, parlando al quartier generale della NASA, ha annunciato un nuovo tentativo di “ottenere una nuova testa di ponte sulla Luna” e oltre, osservando: “Negli ultimi 30 anni, nessun essere umano ha messo piede su un altro mondo, o si è avventurato più lontano di 386 miglia dalla superficie terrestre, all’incirca la distanza da Washington DC a Boston, Massachusetts ”(citato in Wisnewski). Nessuna missione con equipaggio per la Luna era stata preannunciata dopo questo annuncio. Il tempo sta lavorando a vantaggio di chi vuole la verità sulle missioni Apollo, perché ogni anno che passa ci si stupisce sempre di più.
Se è stato così facile mandare un uomo sulla Luna tra il 1969 e il 1972, perché non è stato più rifatto da allora?. Meno della metà degli inglesi e dei russi crede ancora agli sbarchi sulla Luna. Tra gli istruiti, questa percentuale sta diminuendo rapidamente. Cosa accadrà tra venti anni quando gli americani si renderanno conto che quasi nessuno ci crede più? Sapranno gli Stati Uniti di America sopravvivere allo smascheramento di questa bufala gigante? Le bugie tendono a riprodursi come organi viventi poiché ogni menzogna deve essere coperta con altre menzogne. Al contrario, la messa a nudo di una bugia porta alla scoperta di altre bugie, mentre le persone perdono la fiducia e iniziano a mettere in discussione tutto ciò che è stato loro insegnato.
Se gli sbarchi sulla Luna fossero stati reali, sarebbe facile per la NASA porre fine alle polemiche. Come riporta Massimo Mazzucco nel suo film American Moon: “La possibilità di ispezionare i siti degli sbarchi sulla Luna arrivò nel 2007, quando Google lanciò il Concorso internazionale Premio Lunar X Prize. Il concorso offriva una ricompensa di 30 milioni di dollari ai primi organizzatori privati in grado di inviare sulla Luna un robot in grado di percorrere almeno 500 metri trasmettendo immagini sulla Terra. Più di venti squadre diverse da tutto il mondo avevano espresso il loro desiderio di partecipare al concorso. Google aveva inoltre introdotto un ulteriore bonus di 4 milioni di dollari per coloro che fossero stati in grado di trasmettere filmati televisivi in diretta da uno dei siti di atterraggio delle missioni Apollo. A quel tempo, Astrobotic Technology, una società di Pittsburgh, annunciò che avrebbe programmato di visitare con la propria sonda il punto di sbarco più famoso di tutti: quello di Apollo 11. Stranamente, piuttosto che vedere in questo concorso l’opportunità per una prova definitiva della realtà degli sbarchi lunari, la NASA ha emanato nel 2011 una normativa senza precedenti che impediva ai robot di avvicinarsi a più di 2 chilometri da ciascuno dei siti di atterraggio della missione Apollo. Le 93 pagine di ‘Raccomandazioni alle entità spaziali: come proteggere e preservare la storia e il valore scientifico dei manufatti lunari del governo degli Stati Uniti” della Nasa giustificano la decisione con la necessità di preservare i siti storici di sbarco sulla Luna da possibili contaminazioni. Per rispettare la richiesta della NASA la Astrobotic Technology spostò il suo obiettivo al polo nord della Luna e tutti gli altri partecipanti al concorso di Google decisero di giocare secondo le regole della NASA e rinunciare a un bonus di 4 milioni di dollari, come riportato nell’articolo citato da Mazzucco, intitolato ‘Rocketeers obey NASA Moon rules’ (Gli esperti missilistici obbediscono alle regole della NASA sulla Luna). Nel 2018 Google ha annunciato che nessun concorrente sarebbe stato in grado di rispettare la scadenza del marzo 2018. Allo stesso tempo, la NASA aveva prodotto un nuovo documento sottolineando nuovamente che qualsiasi progetto che interferisse con i siti di atterraggio Apollo avrebbe dovuto ottenere la sua approvazione.
Se gli sbarchi sulla Luna dell’Apollo fossero falsi, ci si dovrebbe porre serie domande sulla NASA. E poi ci sarebbe bisogno di riflettere profondamente su cosa sono diventati Stati Uniti dopo la seconda guerra mondiale. E oltre a ciò, la bufala della Luna è il punto di partenza ideale per riflettere sul controllo ipnotico che la televisione e i media hanno acquisito sulle nostre menti. Non è solo una questione politica. È una battaglia per le nostre anime. Il primo passo è abbandonare le nostre convinzioni infantili sulla NASA e fare uno studio di base su cosa è la Nasa. La National Aeronautics and Space Administration è stata fondata nel 1958 dal Presidente Eisenhower. Molte persone oggi elogiano Eisenhower per aver avvertito gli americani, lasciando la presidenza, della crescente minaccia del complesso militare-industriale, e il “potenziale per la disastrosa ascesa del potere mal riposto”. Ironia della sorte, la creazione della NASA era stata un passo da gigante per il complesso militare-industriale. Non c’è dubbio che il cosiddetto “Programma spaziale civile” della NASA ‘era innanzitutto’ una elaborata copertura per la ricerca, lo sviluppo e il dispiegamento di armi e sistemi di sorveglianza spaziali” (McGowan).
L’atto di fondazione della NASA del 1958 stabiliva esplicite disposizioni per una stretta collaborazione con il Dipartimento della Difesa e, in pratica, il Pentagono era coinvolto in tutte le decisioni riguardanti i programmi Mercury, Gemini e Apollo. Erlend Kennan e Edmund Harvey hanno sottolineato questo punto nel 1969 in ‘Mission to the Moon: a critical examination of Nasa and the space program’ (Missione Luna, un esame critico della NASA e del programma spaziale) concludendo che: ‘Resta imperativo che la NASA mantenga il suo status di decoroso salotto dell’era spaziale, in modo da raccogliere il sostegno pubblico per tutti i progetti spaziali e dare una copertura ufficiale al Dipartimento della Difesa’ (Wisnewski). Oltre al lancio di satelliti a scopo di spionaggio, la NASA doveva contribuire allo sviluppo dei missili intercontinentali. Dopo la seconda guerra mondiale, l’equazione era semplice: “Razzo + bomba atomica = potenza mondiale ”(Wisnewski). Lo scopo para-militare della NASA è essenziale per comprendere la bufala dell’Apollo.
Nei programmi dei militari, “ciò che il pubblico sa è noto anche al nemico. Ciò significa che, in linea di principio, il pubblico e il nemico possono essere visti essenzialmente come la stessa cosa” (Wisnewski). Pertanto, dovremmo capire che l’inganno del pubblico americano non era una perversione dello scopo originale della NASA, ma parte integrante di esso. A Kennedy spettò di vendere il programma lunare al Congresso e al pubblico americano per aumentare drasticamente il budget della NASA. Il 25 maggio 1961, appena 43 giorni dopo che Yuri Gagarin aveva completato un’orbita attorno alla terra, Kennedy consegnò al Congresso un messaggio speciale sui “bisogni nazionali urgenti” e richiese un budget aggiuntivo da 7 a 9 miliardi di dollari per i successivi cinque anni per il programma spaziale, allo scopo di ‘raggiungere l’obiettivo, prima della fine di questo decennio, di far sbarcare un uomo sulla Luna e riportarlo in salvo sulla Terra. Nessun singolo progetto spaziale in questo periodo dovrà essere più impressionante per l’umanità o più importante per l’esplorazione a lungo raggio dello spazio”. Kennedy può essere accusato di aver ingannato il pubblico americano, ma è probabile che fosse stato ingannato anche lui, proprio come era stato ingannato dalla CIA nella disastrosa invasione della Baia dei Porci un mese prima. In ogni caso, la Luna era un’idea di Johnson, non di Kennedy. Può essere che Kennedy sia stato convinto da un memorandum di Lyndon Johnson, intitolato ‘Evaluation of space program’ datato 28 aprile 1961, presumibilmente basato su discussioni con i maggiori ufficiali della NASA. Il memorandum assicurava al Presidente la fattibilità di “un atterraggio sicuro e un ritorno da parte di un uomo sulla Luna entro il 1966 o 1967”, se “venisse fatto uno sforzo notevole”. Per quanto riguarda i benefici di ciò, Johnson scriveva così: “Altre nazioni, indipendentemente dal loro apprezzamento per i nostri valori idealistici, tenderanno ad allinearsi con il paese che credono sarà il leader mondiale, il vincitore di lungo periodo. Le straordinarie conquiste spaziali vengono sempre più identificati come un importante indicatore di leadership mondiale”.
Due settimane dopo aver ricevuto il promemoria di Johnson, Kennedy tenne il suo famoso discorso al Congresso (25 maggio 1961): “Credo che questa nazione dovrebbe impegnarsi a raggiungere l’obiettivo, prima di questo decennio, di portare un uomo sulla Luna e riportarlo indietro sano e salvo’. Poi un mese dopo, nominò ufficialmente il suo vice presidente Johnson Capo della National Aeronautics and Space Council, con l’incarico di valutare il progetto lunare. Come disse Alan Wasser: “Poche persone oggi capiscono o ricordano, ma un solo uomo, Lyndon Baines Johnson, ‘LBJ’, è il responsabile principale sia dell’inizio che della fine di “The Space Race”. Questo spiega perché le industrie texane sono state le maggiori beneficiarie del programma spaziale, e perché il NASA Manned Spacecraft Center di Houston è stato ribattezzato Lyndon B. Johnson Space Center nel 1973. Sotto Eisenhower, Johnson era sia il leader della maggioranza al Senato, sia un attore chiave nel settore del complesso militare-industriale texano. È interessante sapere che la bozza originale del discorso di fine mandato di Eisenhower, scritto dai suoi assistenti Malcolm Moos e Ralph Williams, parlava del “Complesso militare-industriale del Congresso”, ma Eisenhower lasciò cadere la parola “Congresso” per paura, forse, di Johnson. La corruzione di Johnson si aggravò dopo essere diventato vicepresidente e nominò i suoi amici texani a capo della Marina: prima John Connally, poi Fred Korth, che si era dimesso nell’ottobre 1963, dopo che il dipartimento di giustizia (guidato da Robert Kennedy) lo aveva indagato per corruzione nel contratto per gli aeromobili TFX Navy-Air Force. Il controllo di Johnson sulla NASA era ottenuto attraverso James E. Webb, che Johnson aveva nominato come amministratore della NASA. Avrebbe svolto un ruolo decisivo nel fare pressioni per il programma Apollo. Webb era così strettamente legato a Johnson che si dimise quando Johnson annunciò che non si sarebbe candidato alla rielezione nel 1968, evitando così di essere in carica durante la gloriosa missione Apollo. Il programma Apollo aveva ricevuto anche il sostegno del senatore Robert S. Kerr dell’Oklahoma, un altro partner commerciale stretto e alleato politico di Johnson. Nel suo libro di memorie ‘Wheeling e Dealing: confessions of a Capitol Hill operator’ (Pressioni e accordi: Confessioni di un operatore di Capitol Hill), l’assistente personale di Johnson, Bobby Baker, “racconta i suoi sforzi per raccogliere mezzo milione di dollari in contanti richiesti dal senatore Robert Kerr dell’Oklahoma dall’industria del risparmio e del prestito in cambio di un adeguamento legislativo favorevole”. (Andrew Cockburn, “Come i banchieri hanno comprato Washington: i nostri politici a buon mercato”, CounterPunch).
Nel suo recente film American Moon, Massimo Mazzucco porta informazioni chiave che arricchiscono la comprensione della relazione tra Johnson e Kennedy e potrebbero far luce addirittura sull’assassinio di Kennedy. Apprendiamo che, sebbene Kennedy avesse lasciato il progetto Apollo sotto la supervisione di Johnson, il 18 settembre 1963, aveva convocato Webb nello Studio Ovale per esprimergli i suoi dubbi sulla possibilità e il senso di mandare uomini sulla Luna, una cosa che sarebbe costata “un inferno di denaro “, suggerendo che era possibile acquisire sufficienti conoscenze scientifiche semplicemente inviando delle sonde. “Mandare un uomo sulla Luna non vale così tanti miliardi”, aveva detto durante quella conversazione. Webb aveva insistito sul fatto che era troppo tardi per cambiare piano. Due giorni dopo questo incontro, in un discorso alle Nazioni Unite, Kennedy invitò pubblicamente l’Unione Sovietica a collaborare all’esplorazione dello spazio, in particolare per “una spedizione congiunta sulla Luna”. Krusciov declinò educatamente l’offerta degli americani con questa affermazione: “Al momento non pianifichiamo voli di cosmonauti sulla Luna. Ho letto un rapporto dove gli americani vorrebbero sbarcare sulla Luna entro il 1970. Bene, auguriamo loro successo. E vedremo come voleranno e come atterreranno lì, o per essere più corretti, come alluneranno. E la cosa più importante: come partiranno e come torneranno. Non desideriamo competere nell’invio di persone sulla Luna senza una preparazione approfondita”.
Due giorni dopo, Kennedy fu assassinato a Dallas. La cronologia è importante perché rivela che Kennedy cercò di neutralizzare uno dei principali argomenti della corsa alla Luna: renderla un campo di battaglia della guerra fredda. Questo tentativo di Kennedy deve essere messo in relazione con le comunicazioni segrete che Kennedy aveva con Kruscev e Castro, nei suoi sforzi per porre fine alla guerra fredda e con la sua ormai ben documentata intenzione di ritirare le truppe americane dal Vietnam.
La NASA non era solo un camuffamento per i progetti militari. Era un sogno fabbricato per tenere gli americani a guardare il cielo mentre il loro governo stava commettendo atrocità in Vietnam. E così, la NASA aveva anche stretti legami con l’industria cinematografica. Il suo primo capo, T. Keith Glennan (1958-1961) aveva una lunga esperienza nella gestione di studi cinematografici a Hollywood (Wisnewsk). Durante il periodo di transizione tra Johnson e Nixon, Apollo 8 aveva presumibilmente fatto orbitare tre astronauti dieci volte attorno alla Luna. Quindi, dopo altre due missioni di prova (Apollo 9 e 10), sei equipaggi sbarcarono sulla Luna dal 1969 al 1972, tutto durante la presidenza di Nixon. Wisnewski offre un parallelo spettacolare che mostra come le notizie relative all’Apollo avessero convenientemente distolto l’attenzione del pubblico americano dai crimini di guerra del Vietnam (leggi anche McGowan). Apollo 11 sbarcò sulla Luna due mesi dopo che i media avevano denunciato il bombardamento illegale della Cambogia. La telefonata di Nixon dalla Casa Bianca a Neil e Buzz sulla Luna aumentarono la sua popolarità.
Il programma Apollo si interruppe subito dopo la fine ufficiale del coinvolgimento dell’America nel sud-est asiatico. Quindi, scrive Wisnewski, “Mentre gli Stati Uniti d’America stavano uccidendo migliaia di vietnamiti, bruciando un ettaro dopo l’altro di foresta vergine e avvelenando la terra con pesticidi, allo stesso tempo, cercando di affascinare – o dovremmo dire ipnotizzare? – il mondo con una conquista di tutt’altro genere”. “Per il resto del mondo il brivido culturale e tecnologico causato dagli sbarchi lunari sono stati travolgenti e disarmanti quanto il colpo negativo dell’11 settembre. Ancora oggi gli Stati Uniti traggono forza dalla sconfinata ammirazione generata da quegli sbarchi lunari. E continuo a sostenere che questa “conquista” della Luna, quell’antico mito dell’umanità, elevò l’America allo stato di una nazione quasi divina. Gli atterraggi sulla Luna si inseriscono nella strategia psicologica nazionale di auto-esaltazione unita a soggiogamento, indebolimento e demoralizzando gli altri”.
“Il viaggio nello spazio è diventato una forma di “oppio per il popolo”, una promessa di un po ‘di redenzione un nuovo e migliore futuro per l’universo”.
In effetti, viaggiare sulla Luna e tornare in vita è un’impresa di proporzioni mitiche. È equivalente a viaggiare nell’altro mondo e tornare nel mondo dei vivi con un corpo fisico. Ciò rende gli astronauti della NASA uguali agli antichi eroi soprannaturali, semidei immortali e quella qualità semi-divina si riflette sugli Stati Uniti nel loro insieme. Tale era il significato degli sbarchi sulla Luna di Apollo: era una nuova religione mondiale che elevava gli Stati Uniti sopra tutte le altre nazioni terrene. Molto è stato detto sulla religione istituzionale e sui mezzi di controllo mentale collettivo. Ma nessuna credenza religiosa può essere paragonata agli sbarchi sulla Luna nei termini dell’abuso cinico della creduloneria delle persone. E nessuna religione poteva competere, fino a poco tempo fa, per il numero di credenti in tutto il mondo.
La lezione più profonda è che è stato reso possibile dalla televisione e che sarebbe stata impossibile altrimenti. Quasi nessuno ci avrebbe creduto se non l’avessero visto con i propri occhi. In ‘Attraverso lo specchio’ di Lewis Carroll, Alice dice alla Regina Bianca “non si può credere a cose impossibili”, ma la Regina insiste che è possibile con abbastanza pratica. Quando avevo la tua età, l’ho sempre fatto per mezz’ora al giorno. Perché, a volte ho creduto fino a sei cose impossibili prima di colazione”. Con la televisione, credere in sei impossibili atterraggi sulla Luna non è costato alcuno sforzo.
I libri in italiano sull’argomento sono davvero pochi. L’importante testo di Kaysing. (Bill Kaysing. Non siamo mai andati sulla luna: una beffa da 30 miliardi di dollari, Cult media net edizioni, 1997) è quasi introvabile. E’ uscito solo un altro buon testo di Visani (Umberto Visani. Mai stati sulla Luna? Misteri e anomalie delle missioni Apollo. Revoluzione ed. 2012).
Ma naturalmente il documento più importante è il film del 2018 di Massimo Mazzucco American Moon già citato (www.luogocomune.net). Esistono anche molti altri video interessanti di Mazzucco su youtube.
[…] via Gli sbarchi sulla Luna: una gigantesca truffa per l’umanità? — StoriaSegreta […]
Ma se si tratta di una truffa, ho diritto ad un risarcimento?
Si è mai pensato di avviare una class-action?