La ‘National Science Review’ della Oxford University ha pubblicato un articolo di scienziati cinesi di Pechino (Xiaolu Tang e altri) che fa luce sulle diverse caratteristiche dei due virus che, ormai inconfutabilmente, stanno girando per il mondo:
‘On the origin and continuing evolution of SARS-CoV-2‘.
L’articolo è liberamente disponibile ed è consultabile da tutti.
Da esso si deduce che non stiamo assistendo tanto alla battaglia della razza umana contro il coronavirus ma quanto a una battaglia tra i due virus.
Il comportamento degli umani però potrà risultare decisivo nel favorire l’uno o l’altro.
Nello studio cinese si diffondono le risultanze delle analisi genetiche che l’Università di Pechino ha effettuato su 103 genomi SARS-CoV-2. Esse indicano che questi virus si sono evoluti in due tipi principali (designati L e S – L dovrebbe stare per Lethal), che mostrano un legame stretto con i vari ceppi virali sequenziati fino ad oggi ma che si differenziano per un 17% del patrimonio genetico.
Sebbene il tipo L sia risultato il più diffuso nelle fasi iniziali dell’epidemia a Wuhan (∼70%), il tipo S (∼30%) è risultato essere la versione più antica. Si fa balenare nello studio anche l’ipotesi che il virus S esista da tempo e che abbia già avuto modo di infettare una parte della popolazione cinese. In sostanza il virus ‘nuovo’ sarebbe quello letale, nato a Wuhan nel dicembre 2019.
Purtroppo l’esame tradizionale con i tamponi non è in grado di distinguere tra i due coronavirus. Ciò ha fatto cadere, anche i virologi, in affermazioni apparentemente contraddittorie, tra chi sosteneva trattarsi solo di un influenza più aggressiva (tipo S) e chi ammoniva sui suoi effetti letali (tipo L).
La buona notizia è che, mentre il tipo L era il più diffuso nelle prime fasi dell’epidemia a Wuhan, la sua frequenza è andata diminuendo nella fasi seguenti a favore del tipo S.
L’intervento umano potrebbe aver esercitato una pressione selettiva sul tipo L, che è più aggressivo e uccide i suoi ospiti, risultandone alla fine sfavorito nella sua diffusione.
D’altra parte, il tipo S, che è evolutivamente più vecchio e meno aggressivo, potrebbe risultare favorito perché molti portatori sono asintomatici o quasi.
Il fatto che i due virus siano molto diversi nei suoi effetti sull’uomo ha fatto sì che in Cina non si facciano quasi più tamponi perché l’esame non è in grado di discriminare tra i due ceppi.
Lo studio conclude così: ‘Questi risultati supportano fortemente la necessità urgente di ulteriori studi immediati e completi che combinano dati genomici, dati epidemiologici e record grafici dei sintomi clinici dei pazienti con malattia di COVID-19‘.
Invece di sentenziare stupidaggini sul fatto che in Italia ci sono troppi vecchi o che c’è troppo inquinamento nella Pianura Padana (come se tali variabili non fossero identiche tra le province lombarde) sarebbe assai opportuno cominciare fin da subito a differenziare quantomeno i malati, perché la sintomatologia dei due virus è molto diversa e facilmente distinguibile, una relativamente innocua e una letale.
In attesa di disporre di un test che ci permetta di sapere di cosa siamo ammalati.
Non c’è infatti più alcun dubbio che nelle province di Lodi, Brescia, Bergamo, Cremona, Piacenza sia maggiormente diffuso il virus letale, mentre in quelle di Varese, Como, Lecco sia l’esatto inverso. Se si guardano i dati con occhio obiettivo e un minimo di matematica, la letalità del virus L è intorno al 15-20%, contro un letalità del virus S del 1-3%.
Essendo i due virus diversi non è affatto scontato che l’immunità acquisita per uno protegga anche dall’altro. Così si spiegherebbero anche i casi di apparente recidiva trovati in Cina. I meccanismi con cui penetrano nelle cellule sono invece simili e questo li mette in una sorta di concorrenza, magari anche nello stesso individuo.
Prima si riuscirà a capire a quale dei due virus risulti positivo un paziente meglio è. Dovrà essere nostro scopo bloccare il tipo letale mentre non è affatto escluso che la diffusione del tipo ‘più buono’ possa impedire la diffusione di quello più cattivo.
È chiaro che, in questo contesto, risulteranno diverse anche le politiche di contenimento.
Purtroppo non sappiamo contro cosa stiamo combattendo ed è sulla identificazione del nemico che bisogna concentrare tutti gli sforzi.