L’AIFA autorizza l’uso dell’eparina il sabato di Pasqua

Sabato 11 aprile 2020, il giorno prima di Pasqua e quindi, come si usa dire, ‘a mercati chiusi’, l’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) ha autorizzato l’uso dell’eparina nella cura del coronavirus.
Il venerdì sera il solito Burioni aveva tuonato dal suo blog che l’eparina era: ‘Una scemenza di proporzioni immense’.
Ma aveva perso.

Il lavorio, in gran parte coperto, dei medici italiani, quelli veri, quelli che lavorano in corsia e non in televisione, complice l’organizzazione regionale della sanità italiana, ampiamente fuori controllo dal potere centrale, aveva segnato un successo così limpido che rimarrà nella storia.

La formulazione dell’AIFA era stata perfettamente ‘democristiana’: ‘Poiché l’uso terapeutico delle EBPM sta entrando nella pratica clinica sulla base di evidenze incomplete e con importanti incertezze anche in merito alla sicurezza, si sottolinea l’urgente necessità di studi randomizzati che ne valutino efficacia clinica e sicurezza.’  (L’intero documento è reperibile qui).
Erano quindi richiesti studi per ‘chiarire’ cosa ci fosse di buono nell’eparina. Ma l’effetto era deflagrante: l’eparina a basso peso molecolare (EBPM) era sdoganata.
Sembrava un atto dovuto perché l’eparina era già entrata nell’uso clinico da qualche settimana.

Ma com’era potuto succedere che i ‘signori della sanità’ mondiale abbiano permesso tutto ciò?

È una storia interessante che vale la pena di raccontare.
Che le morti per coronavirus fossero del tutto diverse dalle morti per polmonite era cosa nota (ai medici veri, ovviamente, quelli di corsia). Si era già diffusa, in Cina prima e in Italia poi, la convinzione che si morisse per complicazioni vascolari piuttosto che per polmonite.
Il decorso di una polmonite è infatti un decorso regolare, quello del coronavirus no. A leggeri miglioramenti seguivano spesso drammatici crolli, anche nelle persone giovani.
Da alcune autopsie, fatte da medici italiani, si vedevano poi segni di tromboembolie diffuse in tutto il corpo, non solo nei polmoni.
Nella sostanza si poteva ipotizzare che, causa i trombi, il sangue non arrivasse in contatto con l’aria nei polmoni e che fosse quindi inutile pompare ossigeno in polmoni ‘otturati’. E infatti le percentuali dei decessi tra i pazienti intubati erano spaventose.
Insomma, non solo in Italia, molti medici erano giunti alla conclusione che si morisse per un evento cardiocircolatorio, per una trombo-embolia, scatenata da un tempesta infiammatoria dell’organismo.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) aveva inserito alcune considerazioni in merito all’eparina già in un suo documento del 12 gennaio.
Ma come si era arrivati al suo uso in Italia? Senza voler dare nessun nesso causale agli avvenimenti, ci si limiterà a elencarli in ordine cronologico:

4 marzo 2020: L’assessore alla Sanità dell’Emilia Romagna Raffaele Donini risulta positivo al corona virus.

11 marzo 2020: Donini comunica che è miracolosamente guarito in una sola settimana.

17 marzo: L’Ospedale di Castelsangiovanni (Piacenza) autorizza una sperimentazione clinica dell’eparina su 150 pazienti. L’Ospedale piacentino era il primo ospedale COVID in Italia dal 29 febbraio. L’idea era del dott. Marco Stabile, primario di chirurgia plastica, e che aveva usato l’eparina per le sue proprietà antiinfiammatorie precedentemente al Centro Grandi ustioni di Pisa.
Egli dichiarerà a un giornale locale: “I referti delle autopsie confermano che a condurre al decesso questi pazienti, sono spesso i microtrombi diffusi che si formano per l’ipercoagulabilità del sangue. Ho condiviso il protocollo con la equipe multidisciplinare dell’Ospedale di Castello, costituita da: Cardiologi, Internisti, Infettivologi, medici di Pronto Soccorso, Pneumologi, Fisiatri, Ortopedici, Rianimatori, Chirurghi generali e plastici, che è applicato dal 17 di marzo.”
Chi debba autorizzare le sperimentazioni cliniche in Italia è cosa dibattuta. In questo caso sembra sia stata autorizzata, in men che non dica, dal Direttore Generale dell’Asl di Piacenza.
Come riportato correttamente dall’Aifa, l’uso dell’eparina nella pratica clinica comincia a diffondersi a macchia d’olio prima in tutto il Nord Italia, in Toscana e nelle Marche e poi al Sud.

19 marzo: la necessità di nuovi posti in terapia intensiva raggiunge il massimo: +241 richieste al giorno. Ma da quel momento comincia a calare. Il 25 marzo la richiesta scende per la prima volta sotto i +100 posti al giorno, e il 29 marzo a 50.
Il 4 aprile, per la prima volta, il numero di letti in terapia intensiva cala in termini assoluti. Da allora al 13 aprile, i ricoverati in terapia intensiva diminuiscono, con regolarità, da circa 4.000 a circa 3.200.

2 aprile: arrivano i primi dati ufficiali da Piacenza. Filippo Drago, docente di Farmacologia e direttore dell’Unità di Farmacologia clinica al Policlinico di Catania dichiara al Corriere: “Uno studio clinico, attualmente in fase di approvazione da parte dell’Agenzia del farmaco, prevede il trattamento di 300 pazienti con dosi basse (ad azione preventiva) e medio-alte (azione terapeutica) di enoxaparina per valutare la riduzione dell’incidenza di morte, ma anche dell’aggravamento del quadro clinico e del ricovero in reparti di rianimazione e terapia intensiva”.

11 aprile: AIFA inserisce l’eparina tra i farmaci per il corona virus.

13 aprile: Il prof Paolo Miccoli, professore ordinario di chirurgia di medicina all’Università di Pisa dichiara al Corriere: «L’uso ormai diffuso dell’eparina ha fatto vedere i suoi effetti sull’abbassamento della pressione nei reparti Covid e, soprattutto, sul lasciare libere le terapie intensive: da noi a Pisa su 180 intensive 60 ora sono libere».
Negli altri paesi invece il ricorso alla terapia intensiva continua a crescere. Ad oggi, 14 aprile, la situazione mondiale è la seguente: Spagna 7400, Francia, 6800, Germania 4300. Nella sola Gran Bretagna (1600) risultano inferiori al dato italiano (3200).

14 aprile: Sono ben 14 i centri abilitati dello studio multicentrico sull’eparina a basso peso molecolare contro il coronavirus, che coinvolgerà 300 pazienti. Il farmaco sarà fornito gratuitamente dall’azienda Techdow Pharma, filiale italiana della Shenzen Hepalink Pharmaceutical Group.
Lo studio sarà coordinato da Pierluigi Viale, ordinario di Malattie Infettive dell’Università di Bologna e direttore dell’Unità Operativa Malattie Infettive del Policlinico Sant’Orsola-Malpighi.

I medici italiani avevano vinto. La “scemenza di proporzioni immense” di Burioni era diventata scienza.

Gli oscuri personaggi che si muovono nel sottobosco statale entrano invece nel panico. Si affrettano a dichiarare che un vaccino sarà pronto in tempi brevissimi, mentre fino ad ieri bisognava aspettare mesi se non anni. David Puente, noto debunker e consigliere del sottosegretario alla Presidenza del consiglio Andrea Martella, laureato in Tecniche Multimediali, pubblica un articolo, dall’alto delle sue competenze mediche, dal titolo: ‘Coronavirus. L’eparina è la risposta al Covid-19? No! Fate attenzione!’.

Quali sono quindi le conclusioni che si possono trarre da questa intrigante vicenda?

1) L’impatto sugli ospedali si sta riducendo da un paio di settimane. Molte persone possono essere curate a casa e altre vengono dimesse prima. Si spera che cominci anche a ridursi il numero dei morti.

2) La capacità e l’autonomia dei medici italiani, al di là dei pochi che operano al soldo delle multinazionali, si è rivelata essere molto elevata.

3) Se l’Italia fosse state un po’ più organizzata le varie sperimentazioni sull’eparina sarebbero state disincentivate, come nel resto del mondo.

4) La regionalizzazione della sanità si è rivelata un errore gravissimo per Big Pharma perché le Regioni sono difficilmente controllabili e sono riottose a subire i diktat statali. Attendiamoci quindi che parta immediatamente una forte azione di lobby per riportare la sanità sotto il controllo centrale.

Ma intanto, oggi 14 aprile, l’Italia ha finalmente perso il triste primato della letalità da COVID-19 che aveva detenuto fin dall’inizio della pandemia. Siamo stati superati dal Belgio (13,4% di morti sul numero dei contagiati). Noi siamo al 13%, tallonati dalla Gran Bretagna (12,9%), Francia (10,9%), Olanda (10,7%) e Spagna (10,5%).

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