I Majorana

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Ettore Majorana

I baroni Majorana dominarono la vita della città di Militello (in provincia di Catania ma inserita nel patrimonio dell’Unesco della Val di Noto) fin dal 1500. La famiglia Majorana diede i natali a un numero di personaggi di assoluto rilievo a partire dal 1800 con Salvatore Majorana Calatabiano (1825-1897), il nonno di Ettore.
Attivista antiborbonico, prese parte ai moti del 1848. Laureatosi in giurisprudenza, difese molti patrioti in famosi processi dell’epoca. Dopo il 1860 la sua fama di patriota gli spalancò le porte della carriera politica. Fu eletto deputato nel 1865 e divenne ministro in due governi Depretis, dal 1876 al 1879. Fervente liberista e seguace di Adam Smith, fu sempre contrario all’intervento statale in economia. Divenne rettore dell’Università di Catania, si dedicò all’economia politica e pubblicò un famoso saggio contro il cambio forzoso della lira. Sposato con Rosa Campisi, ebbe 8 figli, 5 maschi e tre femmine tra cui:

– Giuseppe (1863-1940), anche lui economista e deputato, rettore dell’università di Catania;
– Angelo (1865-1910), giurista, deputato e ministro delle finanze dal 1904, morì giovanissimo quando stava per diventare Presidente del Consiglio;
– Quirino (1871-1957), ingegnere e fisico sperimentale, fu il più grande esperto italiano di telecomunicazioni dopo Marconi. Nel 1921 successe ad Augusto Righi nella cattedra di fisica sperimentale dell’Università di Bologna. Presidente della Società Italiana di Fisica dal 1925 al 1947;
– Dante (1874-1955), giurista ed economista, rettore dell’Università di Catania, deputato dal 1921 al 1924;
– Fabio Massimo (1875-1934), ingegnere e fisico, costruì il Palazzo Rosa, esempio di stile liberty catanese. Padre del famosissimo Ettore.
Da un ramo collaterale Totò Majorana (1974-1944), famoso attore.

I vari rami della famiglia producono ancora oggi personaggi di eccellenza nei più disparati campi del sapere, come Salvatore Majorana (nato 1971) che si occupa di innovazione tecnologica.
Come sia possibile che una sola famiglia abbia regalato all’umanità una tale quantità di individui fuori dal comune quando non addirittura geniali non è dato sapere.

Ci soffermeremo qui sugli scienziati, Quirino ed Ettore, zio e nipote.
Il più famoso è certamente Ettore Majorana, fisico di caratura mondiale, scomparso misteriosamente alla giovane età di 31 anni.
Ettore nacque nel 1906 a Catania ma si trasferì ben presto a Roma dove studiò dai gesuiti. Poi iniziò ingegneria, come il padre Fabio Massimo e lo zio Quirino, ma passò a fisica dopo aver conosciuto Fermi. Entrò a far parte dei ‘Ragazzi di via Panisperna’, il gruppo di giovani scienziati che cambiò il corso della storia.
Fermi stimava molto Ettore, anche se i due non andavano molto d’accordo perché Majorana non aveva certo bisogno di lavorare e non era avvezzo a una autorità superiore.
Ma ecco cosa pensava di lui: ‘Al mondo ci sono varie categorie di scienziati; gente di secondo e terzo rango, che fan del loro meglio ma non vanno molto lontano. C’è anche gente di primo rango, che arriva a scoperte di grande importanza, fondamentali per lo sviluppo della scienza. Ma poi ci sono i geni, come Galileo e Newton. Ebbene, Ettore era uno di quelli. Sfortunatamente gli mancava quel che invece è comune trovare negli altri uomini: il buon senso’.

Majorana pubblicò sempre molto poco dei suoi studi e, se non fosse stato per le insistenze di Fermi e Heisenberg, forse non avrebbe pubblicato quasi nulla.
Il giorno prima della sua scomparsa però consegnò a una sua allieva, Gilda Senatore, i suoi appunti, dicendole di conservali. Allo stupore della ragazza rispose che ne avrebbero riparlato.
La sera stessa, venerdì 25 marzo 1938, Majorana si imbarcò per Palermo. Forse ritornò a Napoli il giorno successivo, forse no. Forse si suicidò, forse no. Forse fu rapito da una potenza straniera, forse fuggì in Argentina. O forse, come sostenne Leonardo Sciascia in un suo libro, si ritirò in un convento. Le varie ipotesi sul motivo della sua scomparsa sono:

1) Il suicidio. Si buttò dal piroscafo e il suo corpo non fu mai trovato. Pro: Majorana era psicologicamente instabile, secondo Amaldi soffriva di esaurimento nervoso fin dalla morte di suo padre nel 1934. Contro: prima di sparire aveva ritirato tutto il suo denaro in banca. Dopo una prima drammatica lettera, mandò un telegramma al suo collega di Napoli in cui diceva che sarebbe tornato il giorno dopo. E, come disse il capo della Polizia di Napoli: ‘i morti si trovano sempre, sono i vivi che scompaiono’.

2) Il ritiro in convento. La tesi fu sostenuta in un libro di Leonardo Sciascia, ‘La scomparsa di Majorana’, Einaudi, 1975. Pro: Ipotesi compatibile con il carattere schivo e solitario di Ettore. Vi sono anche lettere, che sembrano autografe, di molto successive alla sua scomparsa (si veda Alfredo Ravelli. Il segreto di Majorana. Due uomini e una macchina. 2015). Si parla anche di una ipotetica gaffe di Giovanni Paolo II, in visita all’Eremo di Serra San Bruno, un monastero calabro dove si dice si fosse rifugiato lo scienziato. Contro: complicato tenere il segreto;

3) Il suo trasferimento volontario in Germania. Pro: tesi sostenuto da Gilberto Bernardini, un altro fisico italiano. Contro: Ettore non diede più segni del suo genio.

4) Il rapimento e/o la sua uccisione da parte di potenze occidentali. Pro: memoriale di una spia inglese. Contro: sono illazioni decisamente plausibili ma non ci sono molte prove.

5) La fuga volontaria in Sud America. Pro: questa è la versione ufficiale della giustizia italiana. Nel 2015 la Procura di Roma archiviò un’indagine sulla sua scomparsa sulla base del fatto, che tra il 1955 e il 1959, egli si trovava in Venezuela, sulla base di testimonianze e fotografie periziate. Contro: l’unico testimone è morto. Le foto sono quanto meno dubbie.

6) Si trasformò in un barbone. Pro: qualcuno sostiene di averlo visto in Sicilia vestito da barbone, peraltro molto bravo in matematica. Contro: fate voi.

In conclusione la verità è ancora lontana.

Di sicuro però i suoi preziosissimi appunti scomparvero. Gilda Senatore sostenne, alla fine degli anni ’90 che li aveva dati a suo marito, anche lui un fisico, il quale ne aveva perso le tracce. Un po’ poco per una documentazione di tale importanza.

Cosa era andato a fare Ettore a Palermo?
Per comprenderlo bisogna fare un passo indietro. La fisica italiana negli anni venti e trenta era dominata da due giganti: Orso Mario Corbino e Guglielmo Marconi.

Corbino, siciliano come i Majorana, di Augusta, a pochi chilometri da Catania, fu a capo del Regio Istituto di Fisica dell’Università ‘La Sapienza’ di Roma in via Panisperna dal 1918 al 1937, ma fu anche ministro dei governi Bonomi e Mussolini. Istituì, apposta per Fermi, di cui aveva intuito subito le potenzialità, la cattedra di Fisica Teorica nel 1926. Fermi era soprannominato, dai ragazzi di via Panisperna, il ‘Papa’ e Ettore ‘l’Inquisitore’, per la sua indisponente sottigliezza. Ma Corbino era detto ‘Il Padreterno’.

Guglielmo Marconi, bolognese, il più grande inventore di tutti i tempi, fu il presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche dal 1927 alla sua morte nel 1937.
Si era venuto a creare un curioso asse Bologna-Catania, anche perché Quirino Majorana, zio di Ettore, aveva ottenuto la cattedra dell’Istituto di fisica sperimentale di Bologna, che era stata di Augusto Righi, e che mantenne dal 1921 al 1941.
Quando Ettore Majorana vinse la cattedra di Fisica Teorica a soli 31 anni, nel novembre del 1937, (per ‘chiara fama’, unico caso dopo Marconi), la sua destinazione doveva essere, in un primo tempo, Bologna. Ma poi fu cambiata in Napoli, forse, per evitare che si desse l’impressione di un certo nepotismo, che, comunque, in questo caso, non c’entrava nulla.

Oltre a Corbino, Marconi (premio Nobel nel 1909) e i due Majorana, nel gruppo di via Panisperna, c’erano Segrè (premio Nobel nel 1959), Rasetti, Amaldi e Pontecorvo. I giovani che avevano vinto il concorso a cattedra del 1937, quando Majorana aveva ricevuto l’incarico per ‘chiara fama’, erano Gian Carlo Wick, Giovanni Gentile junior, Giulio Racah.

Senza tema di smentita l’Italia possedeva, in quegli anni, il più importante pool di fisici del mondo. E inoltre la quasi totalità dei fisici atomici e nucleari era europea e molti di essi gravitanti nell’orbita tedesca e italiana.

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Nella foto è ritratto Quirino Majorana (a destra) con alcun tra i maggiori fisici del suo tempo. A sinistra di Quirino, di seguito, Schroedinger (Premio Nobel 1933), Richardson (Premio Nobel 1928), Bohr (Premio Nobel 1922), Heisemberg (Premio Nobel 1932), l’indiano Raman (Premio Nobel 1930), Cotton e Turpain. (Celebrazioni galvaniane, Bologna, ottobre 1937).

In vista di una guerra, che sembrava ormai inevitabile, e degli incredibili sviluppi bellici che la fisica stava per avere, era d’obbligo per gli Stati Uniti disinnescare la potenza scientifica dell’Europa centrale.
La campagna di reclutamento degli scienziati europei era cominciata infatti già nel 1933 quando Einstein, trasferitosi in America con l’avvento di Hitler, cominciò a convincere sempre più scienziati italiani, tedeschi e ungheresi (allora all’avanguardia) ad abbandonare le potenze dell’Asse.

Fu infatti immediatamente seguito negli Stati Uniti dagli ungheresi Von Neumann, Wigner e Szilard. Anche il tedesco Born si trasferì subito in Inghilterra. L’austriaco Schoedinger, dopo un po’ di peregrinare, se ne andò a Dublino nel 1938. Addirittura, ma solo nel 1943, gli alleati giunsero addirittura a rapire il vecchio Bohr, danese, nascosto in una stiva di un aereo, per portarlo in Svezia dove arrivò mezzo morto e quasi congelato.

In Germania rimase, di fatto, il solo Heisenberg, il grande nemico di Einstein, che sembra però collaborasse assai poco alla costruzione della bomba atomica tedesca.

E, reclutamento o meno, anche l’eccezionale patrimonio di scienziati italiani evaporò in poco più di un anno, dal 1937 al 1938, giusto prima della guerra mondiale.

Il primo ad andarsene fu Corbino, nel gennaio del 1937, ufficialmente per una polmonite fulminante. Solo pochi mesi dopo, nel luglio del 1937, fu la volta di Marconi, ufficialmente per un attacco cardiaco, qualche settimana prima che si imbarcasse per l’Inghilterra, da cui non sarebbe più tornato (o almeno questo ha sostenuto sua figlia Degna).

Ettore Majorana scomparve il 27 marzo del 1938. Egli prese il piroscafo per Palermo, molto probabilmente, per un ultimo colloquio con Segrè che era stato trasferito là da poco. Non sapremo mai cosa si dissero i due uomini e neppure se quel colloquio avvenne realmente. Ettore però, che aveva lasciato una lettera in cui adombrava il suicidio, cambiò idea e mandò un telegramma a un suo collega in cui diceva che sarebbe tornato il giorno dopo, con una strana frase: ‘Non prendermi per una ragazza ibseniana perché il caso è differente’. In effetti si imbarcò sulla nave per Napoli ma non se ne seppe più nulla.
Con Segrè, ebreo, si conoscevano dall’università ma la loro amicizia si era incrinata per una lettera che Ettore gli aveva scritto dalla Germania in cui magnificava le opere del Terzo Reich, dicendogli di non preoccuparsi perché in Germania gli ebrei non erano trattati poi così male.

Segrè era il referente del piano einsteniano per l’Italia e si trasferì in America subito dopo la scomparsa di Ettore (nel giugno del 1938). È molto probabile che avesse cercato di convincerlo ad abbandonare l’Italia. Ed è molto probabile che, dopo essere stato indeciso, Ettore si fosse rifiutato. Quell’ultimo incontro forse serviva per comunicare a Segrè la sua decisione definitiva.

Con la scomparsa di Marconi, il naturale successore alla guida del CNR era ovviamente Enrico Fermi, nonostante avesse una moglie ebrea. Gli fu invece preferito Pietro Badoglio (! Sì, proprio lui, il Maresciallo d’Italia che di scienza non doveva intendersene granché). Fermi trasse le debite conclusioni: ritirò il Premio Nobel, nel dicembre del 1938, e si trasferì direttamente negli Stati Uniti ben accolto da Segrè e Einstein. E fu decisivo per lo sviluppo della bomba atomica.

Rasetti si trasferì in Canada nel 1939, Pontecorvo se ne era già andato a Parigi nel 1936, salvo trasferirsi in Russia all’arrivo dei nazisti (fu l’unico a passare coi ‘Rossi’). Racah, ebreo, scappò a Gerusalemme nel 1939. Solo Amaldi, già negli Stati Uniti, fu costretto a tornare perché Mussolini non diede il passaporto alla sua famiglia.

In Germania si sparse la voce di un complotto della scienza ebraica per evitare che le potenze dell’Asse arrivassero a costruire armi segrete. Senza dubbio la maggior parte degli scienziati erano ebrei e certo non potevano trovarsi bene né in Germania né in Italia. Ma è anche vero che il ruolo di Einstein, che, sotto molteplici aspetti, era il vero capo degli scienziati ebraici, non fu un ruolo secondario, sia in termini politici che scientifici.

Restò in Italia ovviamente Giovanni Gentile junior, figlio del grande filosofo e molto amico di Ettore. Ma morì improvvisamente nel 1942, a soli 36 anni, per una setticemia nata da un ascesso dentario. L’unico a rimanere in Italia, da vivo, fu Wick che riuscì a cavarsela anche se, pure lui, era ebreo.

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Quirino Majorana

In verità restava anche in Italia, rintanato nella sua Bologna, l’anziano Quirino (aveva 67 anni quando scomparve il nipote). Fiero oppositore delle teorie di Einstein (sia della teoria della relatività, sia dell’effetto fotoelettrico) si era isolato dal filone principale della fisica (come del resto Marconi). Non era comunque un fisico atomico ma uno sperimentatore di elettromagnetismo.
Quirino cercò per tutta la vita di trovare prove che smentissero la relatività senza trovarle (per tali prove si possono vedere comunque i più recenti contributi del Premio Nobel francese Maurice Allais, ‘Sur l’interpretation des observation interferometriques de Michelson’, Clement Juglar. 2005, oppure dello stesso autore ‘Albert Einstein’, Clement Juglar, 2005. Ma anche, in italiano, gli scritti di un altro scienziato ‘bolognese’ eterodosso, Roberto Monti. ‘Il grande bluff di Einstein’. Edizioni Moderna oppure Scritti di critica alla Teoria della Relatività (1984-87), Edizioni Andromeda, 2018. Perché, come ebbe a dire Ettore Majorana, ‘la fisica ha preso una strada sbagliata’ e le prove sono ormai eclatanti).

Aveva un fitto rapporto epistolare con il nipote a cui chiedeva aiuto matematico per i suoi esperimenti e che usava da tramite per parlare con Fermi (si veda il bel libro a cura di Giorgio Dragoni, ‘Ettore e Quirino Majorana, tra fisica teorica e sperimentale’. Bologna, 2008).
Quirino, alla scomparsa del nipote, tacque, a differenza di Fermi che invece scrisse persino a Mussolini per dare impulso a ricerche che andavano a rilento.
Morì solo e dimenticato nel 1957. E anche oggi, che la teoria della relatività fa acqua da tutte le parti, non viene particolarmente considerato da nessuno.

Ebbe solo un attimo di notorietà postuma, nel 2004, quando la trasmissione televisiva Voyager mandò in onda un servizio su di un giovane inventore, scomparso in guerra, tale Domenico Rizzo, anche lui catanese (!), che avrebbe inventato l’arma segreta di cui vagheggiava Mussolini, il Raggio della Morte. Non era un’arma nucleare ma elettromagnetica. Rizzo ne aveva parlato con Quirino che però lo aveva cacciato in malo modo.
Offeso dall’atteggiamento di Majorana, Rizzo decise di rientrare a Catania dove brevettò la sua invenzione. Poi andò a Roma dove ottenne un finanziamento statale per poter proseguire nel suo lavoro di ben 11 milioni di lire dell’epoca. Gran parte di quei soldi era fornita dai tedeschi che gli proposero di lavorare per loro. Alla fine Domenico fu mandato in Africa dove si persero le sue tracce (per un’ indagine su cosa fosse questo Raggio della Morte e su cosa c’entrassero i Majorana e Marconi si veda Maurizio Agostini, ‘La Terra canta in Do – L’arma segreta di Guglielmo Marconi’. 2019).

E oggi? Cosa è rimasto dei due grandi scienziati della famiglia Majorana?

Di Ettore, degli squarci teorici sui neutrini che vanno avanti ed indietro nel tempo e una interpretazione delle equazioni di Dirac (Premio Nobel insieme a Schroedinger nel 1933 di cui non abbiamo mai parlato perché era inglese), il primo a dare all’etere una caratterizzazione quantistica. Un’interpretazione che deve essere ancora compresa bene nelle sua essenza ma dalla quale nascerà, molto probabilmente, la nuova fisica che sostituirà quella einsteniana.

E non è affatto escluso che, ritrovando i suoi appunti perduti, la sua figura si insedierà definitivamente nell’olimpo scientifico.

Forse trascinerà con sé anche lo zio Quirino, solitario oppositore italiano di Einstein, sulla base di un elettromagnetismo classico basato sulla nozione di etere, che fu anche di Marconi.
Infatti l’etere sta tornando di moda. Oggi si chiama vuoto quantistico per indicare che, in omaggio ad Einstein è sì un ‘vuoto’ ma, in realtà, essendo quantistico è pieno zeppo di cose, anche le più strane, brulicando di particelle che nascono e si annichiliscono in miliardesimi di secondo. E che nascono proprio dal ‘Principio di Indeterminazione’ di Heisenberg, l’altro grande nemico di Einstein.

In sostanza siamo alla vigilia di una rivoluzione scientifica in cui la famiglia Majorana avrà un posto di primo piano.

 

 

 

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